La terapia breve strategica presenta delle caratteristiche che la differenziano nettamente da molte altre terapie e che, quindi, potrebbero essere considerate delle vere e proprie eresie dal punto di vista delle terapie classiche.

Analizziamo brevemente queste 4 eresie per conoscere meglio la terapia breve strategica.

Prima eresia 

Non esiste una sola realtà, ma tante realtà, a seconda dei punti di osservazione e degli strumenti usati per osservare. Viene rifiutata, quindi, l’idea che possa esistere un’unica teoria in grado di spiegare il comportamento umano che, infatti, può essere interpretato in tantissimi modi diversi e può essere attuato da dinamiche potenzialmente infinite.

Non esiste una cosa vera o falsa, così come non esiste una cosa giusta o sbagliata, ma esiste un comportamento funzionale o disfunzionale in virtù del fatto che crea o meno disagio alle persone.

Il terapeuta strategico, sulla base di questi principi, analizza la situazione riportata dalla persona e fa delle ipotesi in merito al funzionamento del problema. E’ sempre pronto, però, a rivedere le sue supposizioni alla luce di quanto emerge dai colloqui e in base al modo in cui la persona risponde alle sue indicazioni.

Seconda eresia 

Il terapeuta strategico non si concentra sull’analisi del profondo e dell’infanzia alla ricerca delle presunte cause del problema. Analizza in modo dettagliato, invece, come funziona il problema e come è possibile cambiare la situazione di disagio.

Indipendentemente dal perché una difficoltà si è sviluppata, infatti, questa si mantiene e si aggrava in base ad una serie di tentativi disfunzionali –dette tentate soluzioni– che devono essere interrotti o reindirizzati per arrivare ad una soluzione.

Terza eresia 

I disagi o i problemi psicologici che si sono sviluppati nel corso di un lungo arco di tempo non richiedono un percorso terapeutico altrettanto lungo per essere risolti.

Allo stesso modo, i problemi molto gravi e complicati non richiedono necessariamente un trattamento complicato per poter essere superati.

Con l’uso di specifiche prescrizioni e di una modalità comunicativa calzata al singolo caso, infatti, è possibile provocare rapidamente lo sblocco della situazione che, poi, dovrà essere consolidata per mantenere un equilibrio sano.

Quarta eresia 

Per cambiare una situazione problematica si deve prima cambiare il comportamento della persona. Solo successivamente ci sarà un cambiamento nel pensiero. È l’esperienza concreta, infatti, che porta a modificare il modo di percepire e di reagire nei confronti della realtà.

Ad esempio, se una persona teme certe situazioni, piuttosto che essere convinta del fatto che si tratta di circostanze innocue che non deve temere, sarà guidata, con precise tecniche ed in modo graduale e indiretto, ad affrontare tali situazioni per sperimentare che non ha niente da temere e che è in grado di fronteggiare ciò di cui aveva paura.

Dott.ssa Erica Tinelli

3884462095

erica.tinelli@hotmail.it

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Bibliografia

Nardone G. e Watzlawick P. (2010). L’arte del cambiamento. La soluzione di problemi psicologici personali e interpersonali in tempi brevi. Tea, Milano.