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Erica Tinelli

Psicologa a Roma, Viterbo e Online

PROBLEMI ALIMENTARI … NON IMMEDITAMENTE EVIDENTI!

Chiunque conosce, seppur in modo generico, i problemi alimentari. C’è chi li ha vissuti in prima persona, chi ha un familiare oppure un amico che ne sofferto che ne ha sofferto. C’è anche chi ne ha solo sentito parlare, ma comunque sa che esistono.

Ma cosa ti viene in mente esattamente quando pensi ai problemi alimentari? 

Probabilmente la maggior parte delle persone pensa a chi mangia pochissimo oppure a chi, invece, fa delle grandi abbuffate. A qualcuno potrebbe venire in mente anche l’alternanza tra periodi di abbuffate e periodi di grandi restrizioni o addirittura di digiuni.

Queste problematiche, poi, possono essere accompagnate anche dall’uso di lassativi, dal vomito indotto, dall’esercizio fisico eccessivo per recuperare eccessi reali o presunti.

Tutti i problemi alimentari possono avere una grande influenza sulla forma fisica provocando, ad esempio, l’eccessiva magrezza oppure il sovrappeso.

I problemi alimentari accennati, però, rappresentano solo alcune delle difficoltà che le persone possono avere con il cibo. Probabilmente si tratta dei problemi più gravi e forse anche dei più diffusi, ma sicuramente non sono gli unici.

Problemi meno evidenti

Esistono, infatti, tante altre situazioni nelle quali le persone hanno un rapporto poco equilibrato con il cibo, anche in assenza di veri e propri disturbi.

È il caso, ad esempio, di chi ha una buona forma fisica e non attua comportamenti distruttivi (come il vomito autoindotto o le abbuffate), ma comunque presenta comportamenti troppo rigidi ed inflessibili nei confronti del cibo. Alcune persone sentono l’esigenza di pianificare nei minimi dettagli ed in modo ossessivo ogni pasto, sperimentando grandi sensi di colpa al minimo sgarro.

Altre persone si vietano sistematicamente dei cibi pensando, senza alcun valido fondamento, che siano nocivi sempre e comunque. Proprio a causa di questo divieto sistematico a volte potrebbero non resistere alla tentazione di mangiarli, magari anche in quantità superiore a quella che avrebbero mangiato se avessero inserito questi alimenti nel regime alimentare quotidiano.

Da non dimenticare, poi, chi usa il cibo come forma di sfogo e di compensazione dai vari dispiaceri e fastidi.

Questi sono solo alcuni dei tanti esempi di situazioni nelle quali le persone non vivono piacevolmente ed in modo funzionale il rapporto con il cibo.

In alcuni casi questi comportamenti potrebbero rappresentare l’inizio di un problema alimentare che, con il tempo, si strutturerà in un disturbo sempre più grave e complesso.

In altri casi, invece, possono essere dei residui di un precedente problema alimentare non completamente risolto.

Infine, a volte, questi modi di fare possono rimanere stabili nel tempo e non sfociare in problemi più seri. In questi casi rappresentano comunque una notevole limitazione perchè impediscono alla persona di avere un rapporto sereno con il cibo.

Dott.ssa Erica Tinelli

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erica.tinelli@hotmail.it

ALIMENTAZIONE: 3 PRINCIPI PSICOLOGICI DA TENERE A MENTE

Tutti sappiamo che il comportamento alimentare non dipende esclusivamente dalle necessità nutrizionali dell’organismo, ma è influenzato anche da altre variabili di natura psicologica e sociale. Per potersi mantenere in forma, quindi, è necessario anche prestare attenzione a questi aspetti. Ecco 3 importanti principi di psicologia dell’alimentazione da non dimenticare mai.

La restrizione eccessiva è un tentativo di controllo che porta alla perdita di controllo

La maggior parte delle diete si basa sulla riduzione dell’apporto calorico e sull’eliminazione dei cibi eccessivamente calorici e dannosi, come ad esempio i dolci. Vietarsi alcuni cibi, però, di solito porta a percepirli come ancora più desiderabili. Infatti, molto spesso, dopo un periodo nel quale si è sottoposta alla restrizione, la persona cade nell’alimentazione incontrollata, che solitamente ha come protagonisti proprio i cibi vietati ma tanto desiderati.

Qualsiasi dieta efficace, quindi, non deve essere eccessivamente restrittiva e rigida. Ad esempio, chi ama i dolci dovrebbe continuare a concederseli per evitare una perdita di controllo colossale con effetti fisici e psicologi devastanti. E’ preferibile, quindi, seguire un’alimentazione più equilibrata.

Ricercare il piacere nell’alimentazione

Il piacere è fondamentale per l’uomo che, infatti, orienta i suoi comportamenti alla ricerca di questa sensazione che dovrebbe essere sempre tenuta in considerazione, anche in riferimento al contesto alimentare. È importante ricercare il piacere non soltanto evitando di vietarsi cibi piacevoli, ma facendo ulteriori passi. Per recuperare un rapporto equilibrato con il cibo la persona dovrebbe evitare di mangiare quello che capita o quello che è più veloce da preparare, ma pensare ai cibi più desiderati ed organizzarsi per prepararli nel modo che preferisce.

La ricerca del piacere, poi, non dovrebbe riguardare solo i cibi, ma anche la cura di tutta una serie di aspetti più di contorno, come ad esempio il modo di disporre il cibo nel piatto, il modo di apparecchiare, il mangiare lentamente, la scelta dei luoghi e della compagnia.

Evitare l’uso del cibo come consolazione

Alcune persone non mangiano solo per fame e per piacere, ma anche per trovare una compensazione ai fastidi e allo stress della vita quotidiana. In questi casi il cibo diventa uno sfogo, un modo per cercare di sedare i dispiaceri, le preoccupazioni, le emozioni particolarmente intense. In tali situazioni il rapporto con il cibo può diventare disfunzionale. Diventa fondamentale, quindi, interrompere questo circolo vizioso e lavorare sull’apprendimento di abilità legate alla gestione dello stress e della frustrazione.

Dott.ssa Erica Tinelli

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erica.tinelli@hotmail.it

Bibliografia

Nardone G. (2007). La dieta paradossale. Ponte alle Grazie, Milano.

I VARI TIPI DI BULIMIA

Che cos’è la bulimia?

La bulimia è un disturbo alimentare che si caratterizza per la presenza di abbuffate, che sono episodi nei quali la persona mangia una grande quantità di cibo, molto di più di quanto vorrebbe e di quanto dovrebbe in base alle sue esigenze nutrizionali. L’abbuffata, quindi, non è determinata dalla fame, ma è un impulso incontrollabile alla consumazione alimentare. Durante le abbuffate, infatti, la persona percepisce di non riuscire in alcun modo a controllare quello che sta facendo e successivamente si sente in colpa.

Le varie tipologie

All’interno del quadro clinico della bulimia è possibile trovare delle situazioni che presentano caratteristiche che sono molto diverse tra loro. Secondo le ricerche condotte dallo psicologo e psicoterapeuta Giorgio Nardone e dai suoi collaboratori è possibile individuare tre diverse categorie di bulimia: la bulimia boteriana, la bulimia da effetto «carciofo» e la bulimia jo jo.

La bulimia boteriana

Riguarda quelle persone che hanno lottato per anni e anni per ottenere una buona forma fisica, fino a che, dopo numerosi fallimenti, si sono arrese all’estenuante lotta con il cibo e, alla fine, hanno ceduto totalmente al piacere di mangiare.

Chi soffre di bulimia di tipo boteriano, quindi, arriva a percepire la propria condizione come inevitabile, ma si adatta ad essa e la accetta.

La bulimia da effetto «carciofo»

Si manifesta quando oltre al problema alimentare, sono presenti anche delle problematiche emotivo-relazionali. Il disturbo alimentare, quindi, è qualcosa verso il quale la persona orienta tutte le sue energie per evitare di affrontare tematiche che percepisce come più complesse. Ad esempio, la scarsa desiderabilità estetica può proteggere la persona dal doversi confrontare con la possibilità di vivere relazioni che percepisce come impure o travolgenti e, per questo motivo, incontrollabili. 

La bulimia jo jo

E’ la forma più frequente e si presenta quando la vita della persona è scandita tra periodi nei quali riesce a controllare il proprio rapporto con il cibo e periodi nei quali, invece, perde il controllo e si lascia andare ad un’alimentazione del tutto sregolata. Anche l’umore della persona e la valutazione che dà a se stessa sono altalenanti. Si passa, pertanto, da fasi di serenità e di fiducia in sé a fasi nelle quali l’autostima crolla e regnano i sensi di colpa per aver ceduto alle tentazioni.

Il trattamento secondo la terapia breve strategica

La terapia breve strategica ha un tasso di efficacia dell’88% nel trattamento della bulimia. L’obiettivo terapeutico è quello di aiutare la persona a sviluppare un rapporto equilibrato e piacevole con il cibo, facendole sperimentare che mangiare di gusto ed essere in forma non sono affatto obiettivi inconciliabili, ma è importante usare le giuste strategie.

Quando sono presenti anche delle problematiche emotivo-relazionali, inoltre, è necessario intervenire anche su questi aspetti aiutando la persona a gestire in maniera funzionale l’emotività e i rapporti con gli altri.

Dott.ssa Erica Tinelli

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erica.tinelli@hotmail.it

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Bibliografia

Nardone G. (2003), Al di là dell’amore e dell’odio per il cibo. Guarire rapidamente dalle patologie alimentari, Ponte alle Grazie, Milano. 

Nardone G., Valteroni E. (a cura di) (2014), Dieta o non dieta, Per un nuovo equilibrio tra cibo, piacere e salute Ponte alle Grazie, Milano. 

LE ABBUFFATE ALIMENTARI

Al giorno d’oggi sono numerose le persone che, con frequenze e modalità diverse, sono vittime di un problema che non riescono a gestire: le abbuffate alimentari.

Cosa si intende per abbuffate alimentari?

Quando le persone si abbuffano mangiano molto di più di quello che dovrebbero e che vorrebbero, però in quei momenti non riescono proprio a controllarsi e non sanno fare diversamente. Dopo aver mangiato tanto, poi, spesso si sentono in colpa, a volte si mettono un po’ a dieta e fanno esercizio fisico nel tentativo di riparare agli eccessi. Solitamente si ripromettono di non ripetere più quell’esperienza, cosa che, però, di solito non riescono a fare perché le abbuffate si basano su impulsi irrefrenabili che difficilmente possono essere controllati con la volontà.

Abbuffate alimentari e alimentazione generale

Per poter superare il problema delle abbuffate alimentari è necessario lavorare sul modo in cui la persona percepisce ed utilizza l’alimentazione in generale per aiutarla a stabilire un rapporto equilibrato con il cibo, che può essere considerato non soltanto uno strumento di sussistenza, ma anche un piacere.

A volte le abbuffate si manifestano quando le persone seguono un regime alimentare che, per quelle che sono le proprie esigenze ed i propri gusti, è troppo restrittivo o comunque privo di alimenti che per la persona potrebbero essere irrinunciabili. Il fatto di vietarsi degli alimenti che piacciono conduce spesso all’abbuffata, così come il fatto di mangiare troppo poco, magari per il desiderio di recuperare il più in fretta possibile una forma fisica migliore. La maggior parte delle persone, infatti, non riesce a seguire in modo stabile un’alimentazione che considera poco piacevole e dopo averla rispettata per un periodo di tempo più o meno lungo, tende a ricercare i cibi che considera piacevoli, con i quali si può anche abbuffare.

E’, quindi, molto importante intervenire sulle credenze che le persone hanno in merito al cibo e alla giusta alimentazione e valutare la possibilità di far sperimentare un tipo di alimentazione almeno in parte diversa, più piacevole, ma comunque sempre salutare ed equilibrata. 

Abbuffate come forma di consolazione

Per altre persone, poi, le abbuffate sono connesse anche ad altre problematiche, come ad esempio il cercare di soffocare attraverso il cibo determinate sofferenze psicologiche che possono essere dovute, ad esempio, ad eventi specifici (come un abbandono, una situazione lavorativa difficile, un conflitto con un familiare) oppure a malesseri più ampi e generali (come la depressione, un vissuto di angoscia, la percezione di inutilità e di vuoto esistenziale). Sono molte, infatti, le persone che cercano di utilizzare il cibo come strumento per sfogare lo stress o per sedare la tristezza, l’ansia, la rabbia, la noia. Abbuffarsi può essere considerato, anche inconsapevolmente, un modo semplice e veloce per cercare sollievo ai propri malesseri. Raramente, però, è anche un metodo completamente risolutivo e salutare. In queste situazioni diventa importante analizzare il problema più ampio per aiutare la persona ad individuare le giuste strategie per gestire in modo funzionale le emozioni dalle quali a volte si sente travolta e per affrontare adeguatamente le difficoltà ed i problemi che incontra.

Dott.ssa Erica Tinelli

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erica.tinelli@hotmail.it

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Che cos’è il vomiting?

Il vomiting è un disturbo alimentare che rispetto ad altri –come l’anoressia o la bulimia- è poco conosciuto, ma che è comunque molto diffuso ed invalidante.

Si tratta di una compulsione ad abbuffarsi e a vomitare quanto ingurgitato e si caratterizza per la sensazione di piacere che accompagna questi episodi.

Come si sviluppa?

Solitamente il vomiting nasce come forma di evoluzione di altre patologie alimentari.  Ad esempio, può capitare che un’anoressica cominci a mangiare e a vomitare quando si rende conto di avere molte difficoltà a mantenere un regime alimentare estremamente restrittivo, pertanto utilizza questo escamotage per evitare di ingrassare. Oppure, può capitare che una bulimica cominci a vomitare a seguito delle sue colossali abbuffate, sempre per evitare che queste abbiano effetti deleteri sulla forma fisica.

Altre volte, invece, il vomiting rappresenta un sedativo nei confronti di determinate sofferenze psicologiche –legate, ad esempio, all’elaborazione di un lutto o di un abbandono amoroso-.

Con il tempo, però, il vomiting diventa una problematica a sé e si differenzia dai disturbi originari in quanto la persona comincia a ricercare appositamente l’abbuffata per poi vomitare. Questo rituale apparentemente macabro è accompagnato da sensazioni di piacere che portano a ricercare spesso questa esperienza.

Il trattamento del vomiting

Il vomiting è tra le problematiche più difficili da trattare. La resistenza al cambiamento delle persone che soffrono di questo problema, infatti, è molto elevata anche perché si tratta di un disturbo che si basa sul piacere e che molto spesso si protrae per tanto tempo arrivando ad invalidare enormemente la vita quotidiana.

Si tratta, però, di una patologia dalla quale è possibile uscire con l’aiuto di un professionista. Tra gli approcci terapeutici più efficaci, troviamo la terapia breve strategica che ha un tasso di efficacia superiore all’80% e che, solitamente, consente di ottenere importanti miglioramenti in un arco temporale che va dai 3 ai 6 mesi.

Nel caso del vomiting il primo compito del terapeuta è quello di analizzare se la compulsione a mangiare e vomitare è un sedativo o un piacere. Questa differenziazione, infatti, richiede degli interventi diversi. Successivamente sarà possibile guidare la persona a superare il problema utilizzando specifiche tecniche che saranno adattate alla specificità della persona e della situazione dal momento che ogni caso è un caso a sé con le sue peculiarità. 

Dott.ssa Erica Tinelli

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erica.tinelli@hotmail.it

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Bibliografia

Nardone G. e M. D. Selekman (2011). Uscire dalla trappola. Abbuffarsi vomitare torturarsi: la terapia in tempi brevi. Ponte alle Grazie, Milano.

L’ALTERNANZA TRA RESTRIZIONI E ABBUFFATE: IL BINGE-EATING

Che cos’è il binge-eating?

Si tratta un problema alimentare che si caratterizza per la presenza di abbuffate che si alternano a periodi di digiuno o comunque di alimentazione estremamente restrittiva e nettamente al di sotto delle esigenze nutrizionali del proprio organismo.

Questa problematica si basa su un circolo vizioso per il quale nel momento in cui la persona crede di aver mangiato troppo comincia a sperimentare forti sensi di colpa, accompagnati dall’esigenza di dover in qualche modo recuperare gli eccessi ai quali si è abbandonata. Inizia così una lotta contro il cibo caratterizzata soprattutto dal controllo dei pasti successivi che a volte vengono addirittura saltati, mentre altre volte vengono organizzati in modo tale da risultare costituiti principalmente da cibi ritenuti sani e troppo ridotti in termini di quantità e di apporto calorico.

Però, è proprio il fatto di vietarsi dei cibi, che così diventano ancora più desiderabili, e di concedersi delle porzioni troppo ridotte, che fanno aumentare progressivamente la fame, che porta, prima o poi, ad una nuova abbuffata, che altro non è che il risultato della perdita di controllo a seguito di un tentativo di controllo troppo rigido.

Come si sviluppa?

A volte il binge-eating si struttura direttamente come tale, mentre altre volte rappresenta l’evoluzione di altre problematiche alimentari, come l’anoressia (restrizione estrema e continua) e la bulimia (caratterizzata, da abbuffate).

In riferimento all’anoressia, il binge-aeating può emergere quando la persona non riesce più ad astenersi continuamente e quindi sviluppa un copione per il quale alterna l’astinenza forzata alle abbuffate.

Nel caso della bulimia, invece, il binge-eating può svilupparsi dal tentativo, ovviamente disfunzionale, di riparare alle abbuffate e di avere una forma fisica migliore.

Ma come si può superare il binge-eating?

È possibile superare completamente il problema con l’aiuto di un professionista.

In particolare, tra le terapie più efficaci per il trattamento del binge-eating troviamo la terapia breve strategica, che ha come obiettivo quello di rompere questo pattern caratterizzato dall’alternanza tra restrizioni e abbuffate e di aiutare la persona a sviluppare con il cibo un rapporto piacevole, equilibrato e basato sull’autoregolazione funzionale.

Una recente ricerca (Jackson e altri, 2018) ha addirittura dimostrato la superiorità di questo approccio rispetto alla terapia cognitivo-comportamentale, spesso considerata la più efficace. Nella ricerca considerata, infatti, le donne che erano state sottoposte alla terapia breve strategica mostravano un miglioramento maggiore in riferimento alla riduzione delle abbuffate, alla perdita di peso e al mantenimento di questi importanti risultati nel tempo rispetto a coloro che erano state trattate con la terapia cognitivo-comportamentale.

Dott.ssa Erica Tinelli

3884462095

erica.tinelli@hotmail.it

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Bibliografia

Nardone G. e Valteroni E. (2017). Anoressia giovanile. Ponte Alle Grazie, Milano.

Jackon J. B., Pietrabissa G., Rossi A., Manzoni G. M., Castelnuovo G., (2018).
Brief strategic therapy and cognitive behavioral therapy for women with binge eating disorder and comorbid obesity: A randomized clinical trial one-year follow-up. Journal of Consulting and Clinical Psychology, 86 (8).