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Erica Tinelli

Psicologa a Roma, Viterbo e Online

HAI PAURA DI PRENDERE L’AEREO?

La paura di prendere l’aereo rientra tra i problemi di cui mi occupo più spesso.

In questo articolo ti parlerò di una cosa che mi capita di fare durante le sedute con chi ha questo problema. 

Ti anticipo che ti potrebbe sembrare una cosa assurda o addirittura cattiva, ma non è assolutamente così.

Quello che mi capita di fare è parlare di disastri aerei. Esatto, proprio con chi ha paura di prendere l’aereo. 

Ti spiego perchè lo faccio e a che cosa serve.

Chi prova ansia e panico all’idea di prendere l’aereo spesso prova a rassicurarsi dicendosi che proprie paure sono infondate, che non succederà nulla di negativo, che l’aereo è un mezzo di trasporto sicuro.

A volte prova anche a calmarsi cercando di controllare la respirazione o i sintomi fisici di attivazione, come il cuore che batte forte. 

Tutto questo spesso non funziona perché rappresenta il tentativo di controllare razionalmente un’emozione. E le emozioni difficilmente si riescono a controllare razionalmente, seguono meccanismi di funzionamento diversi da quelli tipici della razionalità.

Quando parlo di disastri aerei con persone che hanno paura di prendere l’aereo all’inizio sono spesso un po’ in ansia. Dopo un po’, però, l’ansia diminuisce notevolmente o addirittura sparisce. 

Perchè funziona con chi ha paura di prendere l’aereo?

Perchè parlo esattamente di quello che spaventa le persone guidandole ad entrare in contatto con la cosa che più di tutti crea paura. 

Invece che provare ad allontanare la paura, la accolgono a braccia aperte. 

Anzi, in un certo senso provano ad amplificarla perché parlo loro di disastri davvero catastrofici descrivendoli nei dettagli.

E proprio perchè si lasciano guidare ad amplificare la paura, dopo un po’ questa si ridimensiona e l’ansia sparisce.

Evocare la paura e provare ad amplificarla è tra le strategie più efficaci per ridurla e per superare l’ansia ed il panico.

A partire da queste esperienze di superamento dell’ansia vengono indicate specifiche tecniche che consentono di risolvere completamente il problema. 

Se anche tu vuoi superare definitivamente e completamente il problema il mio percorso online “No al panico sì alla vita” potrebbe essere la soluzione che fa al caso tuo.

Dott.ssa Erica Tinelli

3884462095

erica.tinelli@hotmail.it

SOFFRI DI ANSIA E PANICO MA SEI TANTO IMPEGNATO?

Soffri di ansia e panico, ma pensi di essere troppo impegnato con il lavoro o con altro per occuparti del problema?

Certamente raggiungere dei risultati, come esempio superare ansia e panico, può richiedere varie risorse, tra le quali il tempo.  E certamente non vale la pena investire risorse in qualsiasi cosa. 

Se soffri di ansia e panico ma pensi di essere impegnato, quindi dovresti valutare quanto vale la pena investire nella risoluzione di questi problemi.

Ecco alcuni elementi di riflessione che potrebbero esserti utili per capire se impegnarti per superare ansia e panico.

Prova a chiederti: “Cosa farei di diverso oggi, domani, dopodomani, tra una settimana, tra un mese se avessi risolto il problema?”. 

Poi chiediti: “Quanto sono importanti per me queste cose? Quanto mi pesa non farle?”

Rifletti anche sulle cose che riesci a fare, ma con fatica, invece che con naturalezza e/o con gioia. Quante sono queste cose? Quanto ti pesa farle con fatica? Come ti sentiresti senza tutta quella fatica? Come cambierebbe la tua vita?

Se non ti pesa particolarmente non fare certe cose o farle con fatica hai ragione tu. Se immagini che risolvendo il problema dell’ansia e del panico la tua vita non migliorerebbe significativamente hai ragione tu.

Fai bene a non occuparti del problema perché in fondo per te non è un grosso problema e, quindi, non è una tua priorità.

E allora è giusto che ti focalizzi sulle tue priorità, per esempio il tuo lavoro.

Se invece le tue risposte vanno nella direzione opposta allora la situazione è diversa. Se vivere la vita che vivi ora ti pesa vuol dire che vale la pena investire nel superare l’ansia ed il panico. E allora devi trovare risorse, tempo incluso, da investire nella soluzione del problema.  Anche se questo vuol dire faticare a conciliare tutti i vari impegni o tralasciarne alcuni. 

Se sei deciso a lavorare sul superare l’ansia ed il panico il mio percorso online “No al panico sì alla vita” potrebbe essere adatto a te. 

Dott.ssa Erica Tinelli

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erica.tinelli@hotmail.it

RISOLVERE UN PROBLEMA DI ANSIA IN UNA SOLA SEDUTA

Risolvere i problemi velocemente

Risolvere rapidamente i problemi, inclusi quelli di ansia o di natura psicologica più in generale, è un’ambizione di molte persone.  Infatti, più rapidamente ci si libera di un problema e prima si torna a vivere serenamente. 

Risolvere velocemente i problemi psicologici non è impossibile. Anzi, oggi sono sempre più diffusi approcci (come l’approccio breve strategico) che consentono di raggiungere risultati importanti in tempi brevi. E a volte i tempi di risoluzione possono essere molto più brevi di quanto ci si aspetta.

Una volta, per esempio, mi è capitato di lavorare con una persona che ha risolto un problema di ansia dopo una sola seduta

Come ha fatto? Dal mio punto di vista i fattori che le hanno permesso di raggiungere questo risultato straordinario sono stati principalmente due.

Il fatto di essersi rivolta presto ad un professionista

Questa persona si è rivolta a me dopo qualche settimana che l’ansia aveva iniziato a manifestarsi. Non ha aspettato di vedere come si sarebbe evoluta la soluzione e non ha provato a risolvere il problema da sola. Quando ha capito di avere un problema che rischiava di diventare invalidante ha cercato su internet un professionista, l’ha contattato ed ha fissato un primo colloquio.

Affrontare un problema nelle prime fasi nelle quali si manifesta spesso consente di risolverlo velocemente. Infatti, in questo modo si ha la possibilità di intervenire su percezioni e comportamenti disfunzionali che non si sono ancora cristallizzati e che, quindi, sono più facili da modificare. Inoltre, quando si interviene su un problema agli inizi in genere è sufficiente intervenire solo su quello specifico problema e non su tutti gli altri problemi che si sono presentati come conseguenza di quello principale. Per esempio, aiutare una persona a superare gli attacchi di panico che hanno iniziato a manifestarsi da qualche mese in genere è molto facile.

E’ più difficile, invece, aiutare una persona che a seguito degli attacchi di panico presenti da anni è diventata completamente incapace di stare da sola, non ha sviluppato una vita professionale solo a causa della paura, si è sposata solo per la necessità di appoggiarsi a qualcuno e di essere aiutata ed è diventata depressa come conseguenza di tutti questi fattori messi insieme.

Il seguire scrupolosamente le indicazioni

La persona che ha risolto il suo problema dopo una sola seduta ha seguito in modo rigoroso le indicazioni che le ho dato. Erano solo due indicazioni e non erano impossibili da fare (non lo sono mai perchè sono calzate alla specificità della persona e della situazione), ma certamente richiedevano un po’ di tempo e di impegno. Eppure ha scelto di fare quelle prescrizioni esattamente come le era stato indicato. Anche se richiedevano tempo o se non ne capiva fino in fondo il senso. Forse le sembravano anche stupide o controintuitive. E magari qualche volta avrà avuto la tentazione di fare un po’ meno di quanto chiesto….ma non l’ha fatto.

Seguire attentamente le prescrizioni del professionista consente di ottenere il massimo che si può ottenere. Farle solo in parte o farle in modo un po’ modificato potrebbe non produrre gli stessi effetti. Alle volte le indicazioni hanno un potere terapeutico e farle consente di lavorare direttamente ed immediatamente sulla soluzione del problema. Altre volte, invece, hanno una valenza più diagnostico-valutativa, ossia servono a comprendere più nel dettaglio la situazione presentata dalla persona.

In entrambi i casi, se si vuole il miglior risultato possibile occorre dare il meglio in termini di esecuzione delle indicazioni.

Dott.ssa Erica Tinelli

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erica.tinelli@hotmail.it

LA PEGGIORE FANTASIA

Che cos’è?

La peggiore fantasia è una tecnica sviluppata da Giorgio Nardone per il trattamento di alcune specifiche problematiche, come gli attacchi di panico e le fobie. Rappresenta una delle principali tecniche del trattamento di queste patologie secondo l’approccio della terapia breve strategica.

Come funziona la peggiore fantasia?

Si chiede alla persona di ritagliarsi ogni giorno mezz’ora di tempo per portare alla mente tutte le peggiori fantasie in merito alle proprie paure, sforzandosi di provare ansia. Ad esempio, se la persona ha paura di allontanarsi da casa da sola per timore di sentirsi male, le si chiede di immaginare proprio questo scenario e di calarsi volontariamente in tutte le sue paure peggiori.

La tecnica, quindi, va in una direzione opposta a quella ricercata dalle persone che, invece, provano a rassicurarsi, a dirsi che andrà tutto bene, che non c’è motivo di essere preoccupati e ansiosi.

La peggiore fantasia si basa sul principio per il quale “la paura guardata in faccia si trasforma in coraggio, la paura evitata diventa timor-panico”, principio confermato anche dalle neuroscienze.

Qual è l’efficacia della tecnica?

Secondo le ricerche che sono state condotte dal Centro di Terapia Strategica di Arezzo, la terapia breve strategica ha un tasso di efficacia del 95% per quanto riguarda la risoluzione dei disturbi fobici e ansiosi, tra i quali rientrano gli attacchi di panico. 

I risultati, inoltre, solitamente vengono raggiunti in tempi brevi. Infatti, il trattamento completo in media richiede 7 sedute, ma i primi miglioramenti significativi, in genere, si manifestano prima.

La tecnica, quindi, è molto efficace, anche se bisogna considerare che l’intervento non prevede solo l’applicazione della tecnica della peggiore fantasia, ma di altre tecniche specifiche per ogni caso. La peggiore fantasia, però, in genere è la tecnica principale.

E se la peggiore fantasia non funziona?

Di solito la peggiore fantasia non funziona o funziona in modo limitato quando:

-viene applicata al caso sbagliato, ad esempio a persone che non soffrono di panico, ma di altre problematiche. A me per esempio a volte arrivano persone che leggendo i libri hanno provato ad applicare in autonomia la tecnica che non ha funzionato perché si trattava di persone che soffrivano di angoscia più che di panico. L’angoscia richiede un trattamento diverso.

-non viene applicata in maniera rigorosa per un tempo adeguato

-ci sono altri meccanismi di mantenimento del problema che sono molto potenti e che richiedono di essere analizzati e gestiti efficacemente.

Per questi motivi, di solito è fondamentale la valutazione e l’accompagnamento di un professionista.

Dott.ssa Erica Tinelli

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erica.tinelli@hotmail.it

Per approfondire

Nardone G., Salvini A. (a cura di) (2013). Dizionario internazionale di psicoterapia. Garzanti, Milano.

Nardone G. (2016). La terapia degli attacchi di panico. Ponte alle Grazie, Milano.

Nardone G. (1993). Paura, panico, fobie. Ponte alle Grazie, Milano.

Nardone G. (2003). Non c’è notte che non veda il giorno. Ponte alle Grazie, Milano.

ANSIA SANA E ANSIA PATOLOGICA

Che cos’è l’ansia?

L’ansia è un’emozione molto diffusa. Emerge in situazioni nelle quali viene percepita una minaccia, sia di tipo fisico che psicologico. Possiamo provare ansia quando ci sentiamo in pericolo fisicamente, come quando si è in presenza di animali o persone potenzialmente aggressive o di pericoli come terremoti. Al tempo stesso possiamo sperimentare ansia anche quando percepiamo dei pericoli per la nostra autostima e per l’immagine positiva che cerchiamo di trasmettere agli altri. Ad esempio, si può provare ansia quando dobbiamo esporci al giudizio degli altri, nei casi in cui dobbiamo parlare in pubblico, fare degli esami, esporre la nostra opinione, ecc…

L’ansia comporta un’attivazione che si esprime con l’aumento del battito cardiaco, della sudorazione, con l’alterazione della respirazione. L’attenzione è tutta rivolta alla ricerca dei segnali di pericolo e delle modalità con le quali questi possono essere gestiti. A livello comportamentale, inoltre, il nostro organismo si prepara a possibili lotte o fughe.

Perché l’ansia è utile?

Solitamente le persone vivono l’ansia con disagio. In realtà, però, è un’emozione che, se si mantiene entro certi livelli, è perfettamente naturale in determinate circostanze perché contribuisce a creare uno stato di attivazione che rende la persona più attenta ed efficace.

La teoria dell’arousal di Yerkes e Dodson afferma che lo stato di attivazione della persona va da un continuum che ha come poli estremi il sonno e l’eccitazione diffusa. A bassi livelli di attivazione ci si distrae piuttosto facilmente, mentre ad elevati livelli di attivazione si è in preda all’ansia. Per questo motivo, in generale, la prestazione ottimale si ottiene quando si ha un livello di attivazione intermedio, cioè né troppo alto, né troppo basso. Questa relazione, poi, è influenzata anche dal livello di difficoltà del compito: quando il compito è più difficile è preferibile avere un livello di attivazione un po’ più basso rispetto a quando il compito è semplice.  Questa teoria è stata confermata da numerose ricerche in vari ambiti, come quello lavorativo e quello scolastico.

È stato dimostrato, quindi, che l’ansia ha una funzione molto importante che riguarda il dirigere le nostre capacità in vista del raggiungimento di un obiettivo. Non è, quindi, qualcosa da combattere e da allontanare, ma un’emozione utile che, se ben gestita, può rappresentare un’importante risorsa.

Quand’è che diventa patologica?

Quando compromette la qualità della nostra vita e diventa invalidante, precisamente:

  • quando si manifesta in molti contesti diversi. In tal caso la persona vive la maggior parte delle situazioni come pericolose ed ansiogene e, quindi, riesce troppo raramente ad essere tranquilla
  • quando raggiunge livelli eccessivamente intensi e crea confusione totale, difficoltà ad elaborare le informazioni, a pensare lucidamente e ad agire. Nei casi più estremi si arriva ad un vero e proprio blocco che impedisce alla persona di affrontare ciò che teme e che, con il passare del tempo, la porta ad evitare tutto quello che le provoca ansia, confermando sempre di più a se stessa la presunta pericolosità della situazione e la propria incapacità nel gestirla. Ad esempio, provare un po’ d’ansia alla guida, soprattutto quando non si ha molta esperienza o quando si percorrono percorsi nuovi, è normale ed utile. L’ansia diventa invalidante quando è così forte che la persona non riesce a indirizzare le sue energie per guidare al meglio o quando è così ansiosa che evita a priori di guidare.

Quando l’ansia diventa patologica l’aiuto di un professionista può consentire di superare il problema e di recuperare il proprio benessere.

Dott.ssa Erica Tinelli

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erica.tinelli@hotmail.it

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GESTIRE AL MEGLIO L’ANSIA

Bibliografia

Yerkes R. M. e Dodson J. D. (1908). The relation of strength of stimulus to rapidity of habit‐formation. Journal of comparative neurology18(5), 459-482.