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Erica Tinelli

Psicologa a Roma, Viterbo e Online

RIMUGINI MAI SUL FATTO CHE NELLA TUA VITA TUTTO VA STORTO?

Ti sembra che nella tua vita tutto va storto?

No, non cercherò di convincerti del fatto che, invece, molto probabilmente nella tua vita c’è qualcosa che va almeno benino. Non cercherò neanche di farti vedere che c’è del positivo anche nelle esperienze negative.

Questi tentativi, infatti, spesso sono inefficaci e possono essere vissuti come molto frustranti. Infatti, come faccio sperimentare alle persone che lavorano con me nel percorso “prenditi quello che meriti”, nei momenti in cui si è pervasi dalla negatività, non si riesce a vedere niente di positivo e non si riesce a risollevarsi.

Anche se razionalmente forse sai benissimo che non è vero che tutto va storto, c’è una parte di te che dice il contrario. Provare a soffocare quella parte rischia di amplificare la negatività e di farti sprecare energie preziose.

Che fare, allora, quando si rimugina sul fatto che tutto va storto?

In queste situazioni, di solito, la prima cosa da fare è trovare un canale di sfogo efficace per la negatività.

Per esempio puoi prendere carta e penna e mettere per iscritto la tua frustrazione.

Oppure puoi piangere fino a quando ne sentirai il bisogno.

Il canale di sfogo più efficace a volte può essere molto soggettivo: tu sai qual è quello più adatto a te?

Tutti i canali di sfogo efficaci in genere hanno in comune il fatto che si tratta di strumenti con i quali non si provano a scacciare i pensieri e le emozioni negative. Al contrario, si attraversa e si vive appieno la negatività per elaborarla, contenerla e superarla.

Concentrarsi sui comportamenti

Se pensi che nella tua vita tutto va storto non provare a cambiare questo pensiero, ma evita che questo influenzi il tuo comportamento. Evita di bloccarti.

Per esempio, puoi anche svegliarti pensando che la tua giornata andrà male, ma scegliere comunque di alzarti e fare tutto quello che devi nel migliore dei modi.

Puoi comunque scegliere andare a lavoro sorridendo, anche se forzatamente perché ti gira malissimo. Puoi comunque scegliere di portare avanti i tuoi progetti, anche se con fatica e anche se pensi che non servirà a niente. Se tutto andrà male, almeno potrai dirti di aver fatto il possibile per provare ad evitarlo.

Dott.ssa Erica Tinelli

erica.tinelli@hotmail.it

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NON TI SENTI REALIZZATO NEL LAVORO MA HAI UNA BELLA FAMIGLIA?

Ho conosciuto tante persone che non si sentivano realizzate sul lavoro, ma che avevano una bella famiglia.

Perché metto in connessione queste due cose? Perché quello che ho osservato con molte persone con le quali ho lavorato è che si può avere la tendenza, più o meno consapevole, a cercare di farsi bastare la bella famiglia accontentandosi della mediocrità in ambito lavorativo. Questo, però, di solito è un tentativo inefficace ed anche dannoso, quindi, …

…evita di farti bastare la bella famiglia

Si tratta di due ambiti diversi. Se sei insoddisfatto a lavoro e vivi male questa cosa vuol dire che per te quello è un ambito di realizzazione fondamentale che non potrà essere compensato in nessun altro modo. Non sarai mai completamente felice fino a quando non avrai ottenuto quello che desideri a lavoro, anche se hai la famiglia migliore del mondo.

Non c’è niente di ragionevole nel sentirsi in colpa se la bella famiglia non basta. Se sei una persona ambiziosa a lavoro, lo stato di insoddisfazione è normalissimo. Non significa che sotto sotto pensi che la tua famiglia non è abbastanza. Non significa che vuoi troppo dalla vita. Vuoi solo ciò che ritieni giusto.

Dedicarti alla realizzazione lavorativa toglie qualcosa alle relazioni?

Questa è una delle paure più frequenti che hanno le persone alle quali la bella famiglia non basta.

Può non essere semplice dedicare tempo ed energie adeguate sia alla famiglia che al lavoro, ma è fattibile. Infatti lo fanno tantissime persone ogni giorno, incluse quelle che partecipano al mio percorso “prenditi quello che meriti”.

Inoltre, devi considerare che anche quando ti concentri sul lavoro in un certo senso stai facendo qualcosa di positivo per la tua famiglia e non solo per una questione economica. Infatti, se sei una persona ambiziosa e trascuri la tua realizzazione lavorativa, non solo rischi di non essere mai felice e soddisfatto, ma anche di arrivare a rovinare la tua bella famiglia. Il benessere del/la partner e dei tuoi figli, così come la qualità delle vostre relazioni, dipende anche come stai tu. Se sei insoddisfatto a lavoro rischi, inconsapevolmente, di contagiare gli altri con il tuo malessere, di creare malintesi e conflitti, di rovinare la tua famiglia.

Qual è, quindi, la più piccola cosa che potresti fare ogni giorno per evitare che questo accada e realizzarti professionalmente?

Dott.ssa Erica Tinelli

erica.tinelli@hotmail.it

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VORRESTI ELIMINARE I PENSIERI NEGATIVI?

Perché eliminare i pensieri negativi?

Molte persone che lavorano con me mi parlano del fatto di voler eliminare i pensieri negativi. Se stai leggendo questo articolo forse anche tu hai questo obiettivo.

Te lo dico subito: la soluzione non è eliminarli perché il vero problema non sono i pensieri negativi in quanto tali, ma il modo in cui tu li vivi e li gestisci. Non c’è niente di strano o di problematico nel pensare, per esempio, che una determinata occasione lavorativa potrebbe sfumare, che potremmo avere dei problemi lavorativi, di salute, relazionali.

Avere certi pensieri è normale, a volte può anche essere utile.

Quand’è, allora, che i pensieri negativi diventano problematici?

Quando ostacolano la nostra e serenità ed il nostro benessere. Questo tipicamente avviene quando:

-sono molto frequenti e portano a rimuginare, non lasciando, spesso, spazio ad altri pensieri o attività

-vengono vissuti con angoscia, ansia, preoccupazione che sono eccessive

-bloccano, a livello cognitivo e/o comportamentale. Per esempio, c’è chi a causa dei non riesce a riflettere lucidamente, a fare delle scelte, a studiare, a lavorare, a fare sport, a godersi la vita, a dedicare tempo ed attenzioni alla famiglia o agli amici. Nei casi estremi, c’è anche chi, a causa dei pensieri negativi, fa fatica ad alzarsi dal letto o a fare le cose quotidiane di base.

Facciamo un esempio

Per quella che è la mia esperienza professionale, tra i pensieri negativi più diffusi c’è quello che qualcosa andrà male. Per andare più nello specifico pensiamo ad una persona che pensa che un’opportunità lavorativa (come un colloquio di lavoro, un concorso, la richiesta di una promozione, un progetto lanciato sul mercato o una proposta fatta ai collaboratori o ai capi) potrebbe andare male. Questo pensiero diventa problematico solo se porta la persona a sperimentare ansia, angoscia o altre emozioni negative intense, se diventa un pensiero fisso e ossessivo, se porta la persona ad essere focalizzata solo su quello e se la porta a rinunciare a prescindere all’opportunità partendo dal presupposto che tanto andrà male.

Quindi evita di concentrarti sul tentativo di eliminare i pensieri negativi. Focalizzati, piuttosto sul come fare per gestirli al meglio. Puoi iniziare partendo da qui GESTIRE I PENSIERI NEGATIVI

Dott.ssa Erica Tinelli

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erica.tinelli@hotmail.it

PERCHE’ E’ IMPORTANTE PENSARE ALLA MORTE?

Nella nostra società, spesso, l’invecchiamento e la morte sono considerati dei tabù dei quali non si deve parlare e che occorre allontanare quanto più possibile dalla consapevolezza. Questo atteggiamento di occultamento di qualcosa che, di fatto, è naturale, però, ha degli svantaggi. Pensare alla morte, infatti, può essere molto utile perché ci aiuta ad averne meno paura, a vivere meglio, a riconoscere e a perseguire le nostre priorità.

Avere meno paura

Le cose che ci spaventano e che, in virtù della nostra paura, cerchiamo di allontanare dai nostri pensieri spesso finiscono per spaventarci ancora di più. Il tentativo di non pensare a certe cose, infatti, non ci permette di confrontarci con esse, di elaborare ansie e preoccupazioni, di conoscerle meglio e di renderle familiari.

Se si cerca di non pensare, inoltre, può anche succedere di rendere i pensieri che vorremmo evitare ancora più opprimenti e fastidiosi, soprattutto in momenti particolari nei quali si è costretti a confrontarsi con notizie che hanno a che fare con la morte.

Pensare alla morte per vivere meglio

Pensare alla morte permette di vivere meglio, imparando a godere di ogni singolo giorno e a ricercare sempre il meglio da esso. Questo implica anche il saper prestare attenzione alle piccole cose, quelle apparentemente più stupide e che, in genere, vengono date per scontate.

La consapevolezza della morte consente anche di evitare i rimpianti, che rappresentano un grande fattore di malessere perché portano le persone a rendersi conto di aver tralasciato occasioni importanti che non potranno più recuperare. Uno dei rimpianti più diffusi nelle persone in fin di vita riguarda il non aver investito a sufficienza sulle relazioni sociali.

Riconoscere le proprie priorità

Se si tiene ben presente che il nostro tempo è limitato, si possono usare le proprie energie e risorse per le cose considerate più importanti, tralasciandone altre. Ad esempio, Steve Jobs era solito chiedersi quotidianamente: “Se oggi fosse l’ultimo giorno della mia vita, vorrei fare quello che sto per fare oggi?”. Se rispondeva di no per molti giorni di seguito rifletteva su quello che avrebbe dovuto cambiare per essere più soddisfatto. Il pensiero della morte, quindi, può essere una bussola di orientamento nella vita.

Dott.ssa Erica Tinelli

erica.tinelli@hotmail.it

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Per approfondire

Bormolini G. (2020). Ricordati che devi morire. Prepararsi alla propria morte. Edizioni messaggero, Padova.

IL COPIONE DELLA CROCEROSSINA

Come si manifesta il copione della crocerossina?

La crocerossina è una persona che aiuta gli altri in modo esasperato ed eccessivo, mettendo da parte le proprie esigenze ed i propri bisogni. Per questo può apparire anche molto trascurata: è così tanto assorbita dalla cura dell’altro, da spendere tutte le sue energie ed il suo tempo in questo compito. Tuttavia, questo di solito non le provoca un grande disagio perché si tratta di un qualcosa che la appaga.

Alla base di questo copione comportamentale, infatti, vi è il piacere di sentirsi non solo utile, ma addirittura indispensabile ed insostituibile per qualcuno che ha problemi e che è percepito come bisognoso di accudimento. Questo piacere è preponderante rispetto alla fatica del ruolo.

La crocerossina, quindi, è portata a legarsi a persone con difficoltà e con problemi da risolvere. Può trattarsi di qualcuno con seri problemi fisici, di qualcuno che è uscito da poco da relazioni che l’hanno devastato, di persone con problemi economici, lavorativi, familiari, di tossicodipendenza … o anche semplicemente di qualcuno che è -o appare- fragile.

La crocerossina non è necessariamente una donna; il copione può riguardare anche gli uomini.

Quale trappola nasconde questo copione?

Il ruolo della crocerossina si esplica nell’aiuto. Le relazioni che instaura si basano su una dinamica di continuo supporto al bisognoso. Quando la persona accudita risolve i suoi problemi o guarisce dai suoi malesseri, di solito, la relazione finisce. Viene meno, infatti, l’elemento essenziale sul quale si era basato il rapporto.

Il “malato” è ora una persona indipendente e la crocerossina non è più indispensabile. Questo le può provocare un grande malessere e smarrimento derivante dall’idea per la quale “io ti ho aiutato, tu mi devi amare”.

Con il tempo, solitamente succede che la crocerossina torna a rifugiarsi nel ruolo che ricopre al meglio, quello di salvatrice di qualcuno che sparirà non appena starà bene. Una condanna destinata a ripetersi.

Come uscirne?

Essere condotta a capire, ma soprattutto a sentire emotivamente, la disfunzionalità del copione irrigidito e degli esiti che produce, può essere d’aiuto. La crocerossina, infatti, gradualmente, può sviluppare reazioni avversive nei confronti di un modello relazionale che per lei è connotato dal piacere. Non deve considerare, quindi, solo il piacere dell’essere indispensabile, ma le conseguenze che questo comporterà.

La crocerossina, inoltre, dovrà essere guidata anche a diluire l’eccesso di disponibilità verso gli altri, sempre in modo graduale e congruente alle sue caratteristiche per aggirare la resistenza al cambiamento.

Come avviene per qualsiasi copione irrigidito, anche la crocerossina dovrà imparare ad interpretare copioni relazionali diversi. Questo non deve essere fatto nell’ottica di sopprimere completamente il copione disfunzionale e di sradicare la personalità, ma con l’obiettivo di aggiungere delle varianti congruenti che permettono di rendersi più flessibili. Un copione comportamentale, infatti, diventa patologico e provoca sofferenza solo quando è irrigidito e portato all’eccesso.

Dott.ssa Erica Tinelli

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erica.tinelli@hotmail.it

Per approfondire

Muriana E., Verbitz T. (2021). Le relazioni dipendenti. Quando l’altruismo diventa patologico. Alpes Italia, Roma.

Nardone G. (2010). Gli errori delle donne (in amore). Ponte alle Grazie, Milano.

PERCEZIONI E BENESSERE

Un famoso esperimento sulle percezioni

Nel 1947 Bruner e Goodman condussero un esperimento molto importante relativo alle percezioni. Mostrarono a dei bambini di diversa estrazione sociale delle monete e diedero loro il compito di stimarne la grandezza. Emerse che i bambini poveri, rispetto a quelli più ricchi, sovrastimavano la grandezza delle monete, probabilmente perché per loro si trattava di un oggetto importante.

Questo studio evidenziò che la percezione non è un processo oggettivo ed universale, ma è influenzato dalle motivazioni, dai bisogni e dalle caratteristiche delle persone. Di conseguenza, ognuno di noi può percepire diversamente una stessa cosa. Se è presente questa diversità nella percezione di elementi specifici, come la grandezza di un oggetto, solitamente è ancora maggiore la variabilità individuale nel modo di percepire stimoli molto più complessi e potenzialmente ambigui, come le caratteristiche di un evento, il comportamento di una persona o il suo carattere.

Percezioni e benessere

Il modo in cui interpretiamo le cose ha un impatto sulle nostre reazioni, a livello di emozioni e di comportamenti. In altre parole, il modo in cui percepiamo quello che ci circonda influenza il nostro benessere che, pertanto, viene compromesso quando sviluppiamo una modalità percettiva disfunzionale e rigida.

Ad esempio, se una persona sviluppa la percezione di non essere apprezzata dagli altri o addirittura di essere oggetto di derisione, probabilmente sperimenterà uno stato d’animo negativo e potrebbe essere portata a isolarsi o ad aggredire gli altri. Questo è il risultato di un processo che potrebbe essere partito da premesse sbagliate o disfunzionali. Quello che per la persona che si sente rifiutata è una critica, per la persona che l’ha fatta potrebbe essere un consiglio. Così come un atteggiamento sfuggente non è necessariamente indice di rabbia e desiderio di allontanare l’altro; potrebbe essere la conseguenza di un momento di tristezza o di difficoltà personale che non riguarda il rapporto con gli altri.

Cambiare

Ciò che osserviamo può essere interpretato in tanti modi diversi che possono influenzare il nostro benessere. Non si tratta di stabilire quali modalità sono corrette e quali sbagliate (anche perché è una distinzione arbitraria), ma di imparare ad utilizzare delle modalità più funzionali ed adattive. Ad esempio, una persona che deve spesso parlare in pubblico ed ogni volta viene travolta dall’ansia, non ha bisogno di chiedersi se è corretto avere il panico. Ha bisogno di superare il problema percependo la situazione come non minacciosa e, di conseguenza, reagendo diversamente.

Le proprie percezioni possono essere cambiate. Spesso il cambiamento più rapido ed efficace è quello che deriva dalle esperienze che in un percorso terapeutico possono essere guidate e create dal professionista.

È possibile arrivare a percepire come innocue le situazioni che incutono terrore. Si può percepire ciò che mette ansia come qualcosa che si è in grado di affrontare nel migliore dei modi. È possibile imparare a percepire gli ostacoli come opportunità di crescita. E così via.

Cambiando le modalità percettive disfunzionali si può costruire il benessere.

Dott.ssa Erica Tinelli

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erica.tinelli@hotmail.it

Bibliografia

Bruner J. S. e Goodman C. C. (1947) Value and need as organizing factors in perception. Journalof Abnormal Social Psychology, 42, 33-44.