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Erica Tinelli

Psicologa a Roma, Viterbo e Online

RISOLVERE UN PROBLEMA DI ANSIA IN UNA SOLA SEDUTA

Risolvere i problemi velocemente

Risolvere rapidamente i problemi, inclusi quelli di ansia o di natura psicologica più in generale, è un’ambizione di molte persone.  Infatti, più rapidamente ci si libera di un problema e prima si torna a vivere serenamente. 

Risolvere velocemente i problemi psicologici non è impossibile. Anzi, oggi sono sempre più diffusi approcci (come l’approccio breve strategico) che consentono di raggiungere risultati importanti in tempi brevi. E a volte i tempi di risoluzione possono essere molto più brevi di quanto ci si aspetta.

Una volta, per esempio, mi è capitato di lavorare con una persona che ha risolto un problema di ansia dopo una sola seduta

Come ha fatto? Dal mio punto di vista i fattori che le hanno permesso di raggiungere questo risultato straordinario sono stati principalmente due.

Il fatto di essersi rivolta presto ad un professionista

Questa persona si è rivolta a me dopo qualche settimana che l’ansia aveva iniziato a manifestarsi. Non ha aspettato di vedere come si sarebbe evoluta la soluzione e non ha provato a risolvere il problema da sola. Quando ha capito di avere un problema che rischiava di diventare invalidante ha cercato su internet un professionista, l’ha contattato ed ha fissato un primo colloquio.

Affrontare un problema nelle prime fasi nelle quali si manifesta spesso consente di risolverlo velocemente. Infatti, in questo modo si ha la possibilità di intervenire su percezioni e comportamenti disfunzionali che non si sono ancora cristallizzati e che, quindi, sono più facili da modificare. Inoltre, quando si interviene su un problema agli inizi in genere è sufficiente intervenire solo su quello specifico problema e non su tutti gli altri problemi che si sono presentati come conseguenza di quello principale. Per esempio, aiutare una persona a superare gli attacchi di panico che hanno iniziato a manifestarsi da qualche mese in genere è molto facile.

E’ più difficile, invece, aiutare una persona che a seguito degli attacchi di panico presenti da anni è diventata completamente incapace di stare da sola, non ha sviluppato una vita professionale solo a causa della paura, si è sposata solo per la necessità di appoggiarsi a qualcuno e di essere aiutata ed è diventata depressa come conseguenza di tutti questi fattori messi insieme.

Il seguire scrupolosamente le indicazioni

La persona che ha risolto il suo problema dopo una sola seduta ha seguito in modo rigoroso le indicazioni che le ho dato. Erano solo due indicazioni e non erano impossibili da fare (non lo sono mai perchè sono calzate alla specificità della persona e della situazione), ma certamente richiedevano un po’ di tempo e di impegno. Eppure ha scelto di fare quelle prescrizioni esattamente come le era stato indicato. Anche se richiedevano tempo o se non ne capiva fino in fondo il senso. Forse le sembravano anche stupide o controintuitive. E magari qualche volta avrà avuto la tentazione di fare un po’ meno di quanto chiesto….ma non l’ha fatto.

Seguire attentamente le prescrizioni del professionista consente di ottenere il massimo che si può ottenere. Farle solo in parte o farle in modo un po’ modificato potrebbe non produrre gli stessi effetti. Alle volte le indicazioni hanno un potere terapeutico e farle consente di lavorare direttamente ed immediatamente sulla soluzione del problema. Altre volte, invece, hanno una valenza più diagnostico-valutativa, ossia servono a comprendere più nel dettaglio la situazione presentata dalla persona.

In entrambi i casi, se si vuole il miglior risultato possibile occorre dare il meglio in termini di esecuzione delle indicazioni.

Dott.ssa Erica Tinelli

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erica.tinelli@hotmail.it

RIMUGINI MAI SUL FATTO CHE NELLA TUA VITA TUTTO VA STORTO?

Ti sembra che nella tua vita tutto va storto?

No, non cercherò di convincerti del fatto che, invece, molto probabilmente nella tua vita c’è qualcosa che va almeno benino. Non cercherò neanche di farti vedere che c’è del positivo anche nelle esperienze negative.

Questi tentativi, infatti, spesso sono inefficaci e possono essere vissuti come molto frustranti. Infatti, come faccio sperimentare alle persone che lavorano con me nel percorso “prenditi quello che meriti”, nei momenti in cui si è pervasi dalla negatività, non si riesce a vedere niente di positivo e non si riesce a risollevarsi.

Anche se razionalmente forse sai benissimo che non è vero che tutto va storto, c’è una parte di te che dice il contrario. Provare a soffocare quella parte rischia di amplificare la negatività e di farti sprecare energie preziose.

Che fare, allora, quando si rimugina sul fatto che tutto va storto?

In queste situazioni, di solito, la prima cosa da fare è trovare un canale di sfogo efficace per la negatività.

Per esempio puoi prendere carta e penna e mettere per iscritto la tua frustrazione.

Oppure puoi piangere fino a quando ne sentirai il bisogno.

Il canale di sfogo più efficace a volte può essere molto soggettivo: tu sai qual è quello più adatto a te?

Tutti i canali di sfogo efficaci in genere hanno in comune il fatto che si tratta di strumenti con i quali non si provano a scacciare i pensieri e le emozioni negative. Al contrario, si attraversa e si vive appieno la negatività per elaborarla, contenerla e superarla.

Concentrarsi sui comportamenti

Se pensi che nella tua vita tutto va storto non provare a cambiare questo pensiero, ma evita che questo influenzi il tuo comportamento. Evita di bloccarti.

Per esempio, puoi anche svegliarti pensando che la tua giornata andrà male, ma scegliere comunque di alzarti e fare tutto quello che devi nel migliore dei modi.

Puoi comunque scegliere andare a lavoro sorridendo, anche se forzatamente perché ti gira malissimo. Puoi comunque scegliere di portare avanti i tuoi progetti, anche se con fatica e anche se pensi che non servirà a niente. Se tutto andrà male, almeno potrai dirti di aver fatto il possibile per provare ad evitarlo.

Dott.ssa Erica Tinelli

erica.tinelli@hotmail.it

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GESTIRE I PENSIERI NEGATIVI

Molte persone non vorrebbero avere pensieri negativi.

Il vero problema, però, non sono i pensieri negativi in quanto tali, ma il modo in cui vengono gestiti.

Quali sono i primi passi da fare per iniziare a gestire al meglio i pensieri negativi? Ecco due delle strategie che uso più spesso con le persone che partecipano al mio percorso “prenditi quello che meriti”.

Smetti di provare a sopprimerli

Molto spesso le persone cercano di allontanare i pensieri negativi. Cercano di non pensarci. Questa strategia solitamente non funziona. Anzi, rischia di amplificare ancora di più il problema.

Smettere di provare a scacciare i pensieri negativi di per sé alle volte può essere sufficiente a superare la situazione di malessere e di disagio.

Nel concreto questo vuol dire che quando arrivano i pensieri negativi bisogna continuare a fare quello che si sta facendo, ma senza cadere nella trappola di combatterli provando ad allontanarli o a trasformarli in pensieri positivi. È come vivere con un rumore di sottofondo che può essere fastidioso ma che spesso con il tempo si affievolisce sempre di più fino a scomparire. È una strategia che può portare a vincere senza combattere.

Per potere essere efficace, però, questa strategia deve essere mantenuta con una certa costanza, soprattutto quando è stata preceduta dal tentativo massiccio di allontanare i pensieri.

Scrivere i pensieri negativi

E’ utile perché la scrittura permette una forma di elaborazione che porta a distanziarci emotivamente dalle nostre preoccupazioni. Ciò vuol dire che impariamo a vederle come più piccole, più circoscritte, impariamo a sgonfiarle e a guardare le cose da prospettive diverse e meno catastrofiche. A livello emotivo, questo si può tradurre in una drastica riduzione o nell’eliminazione dell’angoscia e dell’ansia.

Per poter trarre dei benefici è importante scrivere in modo dettagliato, sincero, senza alcun tipo di freno e di inibizione, dando sfogo alla nostra parte più angosciata ed ansiosa, anche quando dice cose che sembrano assurde alla nostra parte più razionale.

È preferibile, inoltre, scrivere su carta invece che sul computer oppure sul telefono.

Anche questa strategia può richiedere una certa costanza: scrivere una sola volta o poche volte potrebbe non essere sufficiente.

Esistono, poi, anche altre strategie che dipendono dallo specifico caso e che devo essere calzate alla persona. A volte è necessaria una sola strategia che deve essere mantenuta costante. Altre volte quella strategia deve essere modificata nel tempo. In altri casi, ancora, è necessario combinare più strategie diverse.

Puoi fare vari tentativi oppure puoi decidere di rivolgerti direttamente ad un professionista per essere guidato da lui.

Dott.ssa Erica Tinelli

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VORRESTI ELIMINARE I PENSIERI NEGATIVI?

Perché eliminare i pensieri negativi?

Molte persone che lavorano con me mi parlano del fatto di voler eliminare i pensieri negativi. Se stai leggendo questo articolo forse anche tu hai questo obiettivo.

Te lo dico subito: la soluzione non è eliminarli perché il vero problema non sono i pensieri negativi in quanto tali, ma il modo in cui tu li vivi e li gestisci. Non c’è niente di strano o di problematico nel pensare, per esempio, che una determinata occasione lavorativa potrebbe sfumare, che potremmo avere dei problemi lavorativi, di salute, relazionali.

Avere certi pensieri è normale, a volte può anche essere utile.

Quand’è, allora, che i pensieri negativi diventano problematici?

Quando ostacolano la nostra e serenità ed il nostro benessere. Questo tipicamente avviene quando:

-sono molto frequenti e portano a rimuginare, non lasciando, spesso, spazio ad altri pensieri o attività

-vengono vissuti con angoscia, ansia, preoccupazione che sono eccessive

-bloccano, a livello cognitivo e/o comportamentale. Per esempio, c’è chi a causa dei non riesce a riflettere lucidamente, a fare delle scelte, a studiare, a lavorare, a fare sport, a godersi la vita, a dedicare tempo ed attenzioni alla famiglia o agli amici. Nei casi estremi, c’è anche chi, a causa dei pensieri negativi, fa fatica ad alzarsi dal letto o a fare le cose quotidiane di base.

Facciamo un esempio

Per quella che è la mia esperienza professionale, tra i pensieri negativi più diffusi c’è quello che qualcosa andrà male. Per andare più nello specifico pensiamo ad una persona che pensa che un’opportunità lavorativa (come un colloquio di lavoro, un concorso, la richiesta di una promozione, un progetto lanciato sul mercato o una proposta fatta ai collaboratori o ai capi) potrebbe andare male. Questo pensiero diventa problematico solo se porta la persona a sperimentare ansia, angoscia o altre emozioni negative intense, se diventa un pensiero fisso e ossessivo, se porta la persona ad essere focalizzata solo su quello e se la porta a rinunciare a prescindere all’opportunità partendo dal presupposto che tanto andrà male.

Quindi evita di concentrarti sul tentativo di eliminare i pensieri negativi. Focalizzati, piuttosto sul come fare per gestirli al meglio. Puoi iniziare partendo da qui GESTIRE I PENSIERI NEGATIVI

Dott.ssa Erica Tinelli

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PERCHE’ SI SOFFRE DI ATTACCHI DI PANICO ?

Perché alcune persone soffrono di attacchi di panico?

Il panico è l’estremizzazione della paura.

La paura in alcune circostanze è perfettamente normale ed anche utile perché prepara l’organismo e la mente ad affrontare al meglio situazioni potenzialmente minacciose o comunque critiche. Quando, però, supera una certa soglia diventa disfunzionale ed incontrollabile, sfociando nel panico.

Chi soffre di attacchi di panico, quindi, presenta questo problema perché non ha imparato le giuste strategie per gestire al meglio la paura e ha continuato a mettere in atto dei comportamenti inadeguati che, con il passare del tempo, sono diventati sempre più strutturati, rigidi e, quindi, disfunzionali e tali da aggravare sempre di più la situazione.

I comportamenti disfunzionali più diffusi

Ad esempio una delle strategie inadeguate più frequentemente utilizzate per gestire la paura e l’ansia che da essa deriva è il tentativo di controllare le proprie reazioni psicofisiologiche, come ad esempio il battito cardiaco, la respirazione, l’equilibrio, la lucidità mentale. Quando si prova paura è normale che si sperimentino sintomi di questo tipo che hanno una durata estremamente limitata. Se, però, la persona si spaventa quando si trova a dover avere a che fare con queste sensazioni e cerca in tutti i modi di controllarle, finisce per alterarle ed incrementarle sempre di più, fino ad arrivare all’escalation del panico. Dei parametri del tutto naturali e destinati a scomparire spontaneamente, quindi, vengono, invece, amplificati.

Esistono, poi, anche altri comportamenti che, se ripetuti nel tempo, possono contribuire allo sviluppo di un disturbo da attacchi di panico, come ad esempio l’evitare costantemente ciò che si teme –che fa percepire le situazioni evitate come sempre più difficili da gestire e rende la persona sempre più insicura e incapace- ed il parlare sempre di ciò che mette ansia –incrementandola sempre di più-.

Il disturbo da attacchi di panico, quindi, si può venire a strutturare in virtù del fatto che alcune difficoltà quotidiane legate alla paura e all’ansia non vengono affrontate in modo adeguato.

Chiunque sperimenta queste difficoltà -seppure con frequenza e modalità differenti. Quello che cambia è la reazione delle persone a queste difficoltà, che possono essere più o meno funzionali.

Come uscirne?

E’ possibile superare rapidamente gli attacchi di panico attraverso la psicoterapia. In particolare la terapia breve strategica presenta un tasso di efficacia del 95% con una durata media del trattamento di 7 sedute.

Nel percorso il professionista guida la persona ad interrompere le tentate soluzioni disfunzionali e fornisce indicazioni concrete ed efficaci per gestire la paura.

Dott.ssa Erica Tinelli

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Se ti è piaciuto questo articolo potrebbe interessarti anche:

SUPERARE GLI ATTACCHI DI PANICO CON LA TERAPIA BREVE STRATEGICA

Per approfondire

Nardone G. (2000). Oltre i limiti della paura. Superare rapidamente le fobie, le ossessioni e il panico. BUR Biblioteca Univ. Rizzoli, Milano.

Nardone G. (2005). Non c’è notte che non veda il giorno. Tea, Milano.

Nardone G. (2016). La terapia degli attacchi di panico. Ponte alle Grazie, Milano.

LE TENTATE SOLUZIONI RELAZIONALI NEL DISTURBO OSSESSIVO-COMPULSIVO

Il coinvolgimento dei familiari di chi soffre di un disturbo ossessivo-compulsivo

Il disturbo ossessivo-compulsivo può essere estremamente invalidante e, molto spesso, coinvolge anche i familiari di chi presenta questo problema. Genitori, figli e partner, infatti, solitamente cercano di aiutare la persona a superare il disturbo oppure a gestirlo al meglio.

Senza la guida di un terapeuta, però, spesso accade che con le migliori intenzioni si producono gli effetti peggiori. Il tentativo di aiutare può essere non solo inutile, ma addirittura dannoso perchè può contribuire al mantenimento ed al peggioramento del problema.

Le tentate soluzioni relazionali principali sono: rassicurare, cercare di convincere la persona ad interrompere le compulsioni, aiutare ad eseguire le compulsioni rituali.

Rassicurare

I familiari spesso cercano di rassicurare la persona sofferente del fatto che non succederà nulla di brutto e coerente con le ossessioni. Non accadrà nessun incidente, non si verificherà alcuna contaminazione, non ci saranno raptus che porteranno a fare cose terribili…e così via. Anche se questo, da certi punti di vista, può apparire ragionevole, implicitamente conferma alla persona che ci sono dei pericoli; altrimenti non avrebbe bisogno di rassicurazioni.

A volte i tentativi di rassicurazione non riguardano solo le ossessioni, ma anche l’aver eseguito bene le compulsioni (come i lavaggi o i controlli). In questi casi implicitamente viene inviato il messaggio per il quale l’esecuzione delle compulsioni è necessaria, altrimenti per quale motivo sarebbe importante sottolineare che è stata fatta bene?

Cercare di convincere la persona ad interrompere le compulsioni

“Non lavarti così tante volte, non ha senso”, “smetti di controllare più e più volte, una è sufficiente”, “non ripetere quelle azioni, è la tua malattia che ti porta a farle”, “smettila, diventerai pazzo e ci farai impazzire” sono solo alcune delle frasi che i familiari di chi soffre di un disturbo ossessivo-compulsivo possono pronunciare.

Il problema, però, è che, come molti problemi psicologici, anche il disturbo ossessivo-compulsivo di solito non si supera solo grazie alla forza di volontà. Sono necessarie, infatti, delle specifiche strategie terapeutiche.

Dire ad una persona che non deve eseguire determinate compulsioni significa dirle qualcosa che non condivide oppure, come accade molto più spesso, che sa perfettamente. Chi esegue le compulsioni, in genere, sa che non dovrebbe comportarsi così, ma non riesce a fare diversamente.

Aiutare ad eseguire le compulsioni rituali

Di solito i familiari cercano di aiutare la persona ad eseguire i rituali, sperando che la persona possa sentirsi rassicurata o anche per fare le cose in fretta. In alcuni casi, infatti, le compulsioni diventano talmente invalidanti e compromettenti da richiedere molto tempo. È il caso, ad esempio, di chi aiuta la persona a controllare che tutto sia in ordine o che tutto sia pulito di aver fatto bene il rituale di lavaggio o di riordino.

Anche qui, però, implicitamente viene lanciato il messaggio che è ragionevole eseguire le compulsioni, altrimenti perché ricevere aiuto per questo?

Come intervenire sul disturbo ossessivo-compulsivo

È molto importante che i familiari di chi soffre di un disturbo ossessivo-compulsivo, così come la persona direttamente interessata, ricevano delle indicazioni da parte di un terapeuta su come gestire la situazione ed arrivare a superare il problema.

Genericamente è possibile affermare che bisogna agire per interrompere le tentate soluzioni disfunzionali. Il modo in cui questo deve essere fatto, però, va valutato in base alla specificità del caso e va monitorato nel corso del tempo.

Dott.ssa Erica Tinelli

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