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Erica Tinelli

Psicologa a Roma, Viterbo e Online

LA PEGGIORE FANTASIA

Che cos’è?

La peggiore fantasia è una tecnica sviluppata da Giorgio Nardone per il trattamento di alcune specifiche problematiche, come gli attacchi di panico e le fobie. Rappresenta una delle principali tecniche del trattamento di queste patologie secondo l’approccio della terapia breve strategica.

Come funziona la peggiore fantasia?

Si chiede alla persona di ritagliarsi ogni giorno mezz’ora di tempo per portare alla mente tutte le peggiori fantasie in merito alle proprie paure, sforzandosi di provare ansia. Ad esempio, se la persona ha paura di allontanarsi da casa da sola per timore di sentirsi male, le si chiede di immaginare proprio questo scenario e di calarsi volontariamente in tutte le sue paure peggiori.

La tecnica, quindi, va in una direzione opposta a quella ricercata dalle persone che, invece, provano a rassicurarsi, a dirsi che andrà tutto bene, che non c’è motivo di essere preoccupati e ansiosi.

La peggiore fantasia si basa sul principio per il quale “la paura guardata in faccia si trasforma in coraggio, la paura evitata diventa timor-panico”, principio confermato anche dalle neuroscienze.

Qual è l’efficacia della tecnica?

Secondo le ricerche che sono state condotte dal Centro di Terapia Strategica di Arezzo, la terapia breve strategica ha un tasso di efficacia del 95% per quanto riguarda la risoluzione dei disturbi fobici e ansiosi, tra i quali rientrano gli attacchi di panico. 

I risultati, inoltre, solitamente vengono raggiunti in tempi brevi. Infatti, il trattamento completo in media richiede 7 sedute, ma i primi miglioramenti significativi, in genere, si manifestano prima.

La tecnica, quindi, è molto efficace, anche se bisogna considerare che l’intervento non prevede solo l’applicazione della tecnica della peggiore fantasia, ma di altre tecniche specifiche per ogni caso. La peggiore fantasia, però, in genere è la tecnica principale.

E se la peggiore fantasia non funziona?

Di solito la peggiore fantasia non funziona o funziona in modo limitato quando:

-viene applicata al caso sbagliato, ad esempio a persone che non soffrono di panico, ma di altre problematiche. A me per esempio a volte arrivano persone che leggendo i libri hanno provato ad applicare in autonomia la tecnica che non ha funzionato perché si trattava di persone che soffrivano di angoscia più che di panico. L’angoscia richiede un trattamento diverso.

-non viene applicata in maniera rigorosa per un tempo adeguato

-ci sono altri meccanismi di mantenimento del problema che sono molto potenti e che richiedono di essere analizzati e gestiti efficacemente.

Per questi motivi, di solito è fondamentale la valutazione e l’accompagnamento di un professionista.

Dott.ssa Erica Tinelli

3884462095

erica.tinelli@hotmail.it

Per approfondire

Nardone G., Salvini A. (a cura di) (2013). Dizionario internazionale di psicoterapia. Garzanti, Milano.

Nardone G. (2016). La terapia degli attacchi di panico. Ponte alle Grazie, Milano.

Nardone G. (1993). Paura, panico, fobie. Ponte alle Grazie, Milano.

Nardone G. (2003). Non c’è notte che non veda il giorno. Ponte alle Grazie, Milano.

LA TERAPIA BREVE STRATEGICA E LE FAMOSE 10 SEDUTE

Chi conosce la terapia breve strategica, anche in modo non approfondito, di solito ha letto o ha sentito parlare delle famose dieci sedute. Le prime dieci sedute -che possono essere anche le uniche-, infatti, rappresentano un importante parametro per valutare l’efficacia della terapia.

Cosa vuol dire “ci diamo 10 sedute di tempo”?

Se la terapia breve strategica è efficace produce, entro dieci sedute, miglioramenti significativi. Tali cambiamenti si presentano nel modo di percepire la realtà e nelle reazioni emotive e comportamentali. Questo parametro è applicato a tutte le situazioni, anche quelle più complesse.

L’importanza del cambiamento ottenuto viene valutata considerando il punto di partenza, oltre che l’obiettivo finale.

Facciamo l’esempio di una persona che ha un disturbo invalidante che la porta a non essere in grado di affrontare da sola nessuna situazione. In un caso di questo tipo riuscire, entro la decima seduta, a far uscire di casa la persona e farle fare alcune attività -come la spesa-, può essere un risultato molto importante. Poi, ovviamente, sarà necessario costruire tanti altri traguardi nel corso del tempo.

Per fare un altro esempio, per una persona con molte compulsioni radicate, una drastica riduzione dei sintomi entro dieci sedute è un risultato degno di nota. L’azzeramento completo del disturbo, ovviamente, può richiedere molto più tempo.

Cosa succede alla decima seduta?

In alcuni casi il percorso si conclude perchè il problema non è più presente.

In altri casi, invece, entro la decima seduta c’è stato un miglioramento importante, ma non completo, quindi si prosegue con le sedute fino al traguardo.

Se, invece, entro la decima seduta non si verifica un miglioramento significativo la terapia si interrompe. Se non ci sono risultati importati entro dieci incontri, molto probabilmente non potranno esserci neanche in futuro. Il fallimento non dipende necessariamente dal tipo di approccio. La responsabilità, infatti, potrebbe essere del terapeuta.

Da cosa dipende la durata della terapia?

O, per dirlo altrimenti, come mai a volte sono sufficienti dieci sedute o anche di meno e altre volte, invece, ne servono di più?

Questo dipende principalmente:

  • dalla complessità della situazione, in riferimento al tipo di problema da risolvere, alle caratteristiche delle persone, al dover affrontare più problemi
  • dall’osservanza di quanto proposto nella terapia. In terapia breve strategica, infatti, vengono date alla persona delle indicazioni di cose che devono essere fatte tra un colloquio ed un altro. Fare le prescrizioni rigorosamente consente di raggiungere l’obiettivo più rapidamente; farle solo in parte, invece, può produrre un rallentamento.

L’idea di dover terminare la terapia entro dieci sedute, comunque, è sbagliata. Se non succede, non è preoccupante. E’ problematica solo l’assenza di risultati che, infatti, porta all’interruzione.

E’ bene ricordare che ci sono casi in cui andando troppo forte si rischia di andare fuori strada.

Dott.ssa Erica Tinelli

3884462095

erica.tinelli@hotmail.it

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Terapia Breve Strategica Online

TERAPIA BREVE STRATEGICA: DOMANDE E RISPOSTE

LE ERESIE DELLA TERAPIA BREVE STRATEGICA

TERAPIA BREVE STRATEGICA: DOMANDE E RISPOSTE

La terapia breve strategica è un modello di terapia estremamente efficace e rapido nel superamento delle problematiche psicologiche.

Qui ho descritto alcune caratteristiche essenziali della terapia breve strategica. In questo articolo, invece, cercherò di rispondere ad alcune domande che spesso le persone si pongono quando sentono parlare della terapia breve strategica o quando iniziano a seguire un percorso di questo tipo o valutano di farlo dopo essersi informate un po’.

Ecco alcune delle domande più frequenti:

Per quali tipi di disturbi o problematiche è adatta la terapia breve strategica?

Nell’ambito della terapia breve strategica sono state sviluppate tecniche specifiche per il trattamento di molti disturbi e problemi psicologici come ad esempio le fobie, l’ansia e gli attacchi di panico, i disturbi ossessivi e ossessivo-compulsivi, i disturbi alimentari (anoressia, bulimia, binge-eating, vomiting), la depressione, la paranoia, i problemi sessuali, di coppia e relazionali, i traumi, l’ipocondria, i problemi nello studio, i problemi comportamentali dell’infanzia e dell’adolescenza.

La terapia breve strategica, inoltre, si basa su tecniche e strumenti (come il problem-solving strategico ed il dialogo strategico) che possono essere applicati anche in riferimento ad altri ambiti e contesti, come ad esempio il miglioramento delle relazioni e delle abilità comunicative anche in assenza di particolari problemi, la gestione dello stress e delle emozioni, la definizione ed il perseguimento degli obiettivi.  

Cosa si intende per “breve”?

Nell’approccio breve strategico si ritiene che se la terapia è efficace questa consente di ottenere i primi miglioramenti significativi entro la decima seduta. 

La durata complessiva della terapia dipende, poi, dalla specifica situazione. In alcuni casi 10 incontri sono sufficienti e anzi ne servono anche meno, come avviene solitamente per gli attacchi di panico, il cui trattamento ha una durata media di 7 sedute. Altre volte, invece, sono necessari più incontri e questo capita spesso quando si ha a che fare con una problematica piuttosto seria, come nel caso di una grave anoressia o di un disturbo ossessivo-compulsivo presente da molto tempo e molto radicato. Anche in queste e in altre situazioni più complesse, però, la terapia breve strategica consente di raggiungere cambiamenti significativi entro la decima seduta e questo elemento costituisce un importante indicatore del fatto che si sta andando nella giusta direzione.

È una terapia sintomatica e superficiale?

Questa è una delle accuse che a volte viene rivolta alla terapia breve strategica, forse in virtù del fatto che rispetto ad altre terapie è piuttosto breve.

In realtà, però, la terapia breve strategica ha come obiettivo quello di produrre un cambiamento estremamente radicale che coinvolge il sistema percettivo-reattivo della persona, cioè il suo modo di percepire se stessa, gli altri, il mondo ed il suo comportamento nei confronti di ciò che la circonda. Cosa c’è di più radicale di questo?

Ad ulteriore conferma di ciò, le ricerche condotte dal Centro di Terapia Strategica di Arezzo evidenziano che nei follow-up a 3, 6, 12 mesi dal termine del trattamento la percentuale di ricadute è quasi nulla.

Qual è la frequenza delle sedute?

Dipende dalla specificità di ogni caso.

In molti casi all’inizio si effettua una seduta ogni 2 settimane e mano mano che la situazione migliora gli incontri vengono diluiti (ad esempio ogni tre settimane, ogni mese, ogni mese e mezzo, ecc) per permettere alla persona di sperimentarsi in modo sempre più autonomo. Ci sono, poi, situazioni che inizialmente richiedono degli incontri più ravvicinati o più diluiti nel tempo.

Perché sono così importanti le prescrizioni?

Nella terapia breve strategica solitamente non vengono effettuati soltanto dei colloqui, ma vengono fornite alle persone delle specifiche indicazioni in merito a delle cose che devono fare tra una seduta e l’altra.

Le prescrizioni rappresentano una caratteristica fondamentale della terapia breve strategica ed è molto importante che le persone le seguano perché queste servono per comprendere meglio il problema e/o per far sperimentare in modo concreto e diretto determinati cambiamenti percettivi, emotivi, comportamentali.

Perché in terapia breve strategica a volte i colloqui durano poco?

A volte le persone che decidono di rivolgersi ad un terapeuta breve strategico rimangono stupite del fatto che in alcuni casi i colloqui possono durare poco (ad esempio 20 o 30 minuti) rispetto a quelle che sono le loro aspettative.

In terapia breve strategica, infatti, non esiste una durata predefinita del colloquio, ma si lavora per obiettivi (come comprendere la situazione, trasmettere determinati concetti o sensazioni, fornire indicazioni in merito alle prescrizioni e verificarne gli effetti) e quando si ritiene che tali obiettivi siano stati raggiunti il colloquio può concludersi.

Dott.ssa Erica Tinelli

3884462095

erica.tinelli@hotmail.it

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LE PRINCIPALI CARATTERISTICHE DELLA TERAPIA BREVE STRATEGICA

LE ERESIE DELLA TERAPIA BREVE STRATEGICA

Per approfondire:

Nardone G. (2013). Problem Solving strategico da tasca. L’arte di trovare soluzioni a problemi irrisolvibili. Ponte alle Grazie, Milano.

Nardone G. e Portelli C. (2015). Cambiare per conoscere. Lo sviluppo della psicoterapia strategica breve. Tea, Milano.

Nardone G. e Watzlawick P. (2010). L’arte del cambiamento. La soluzione di problemi psicologici personali e interpersonali in tempi brevi. Tea, Milano.

LE CARATTERISTICHE DELLA TERAPIA BREVE STRATEGICA

La Terapia Breve Strategica è un modello di terapia efficace ed efficiente, cioè capace di risolvere la maggior parte delle difficoltà e dei problemi psicologici in un periodo di tempo breve. Infatti, nella maggioranza dei casi la terapia consente di risolvere completamente i problemi o di ottenere un netto miglioramento entro la decima seduta.

Vediamo quelle che sono le caratteristiche di questa terapia.

L’analisi e lo sblocco delle tentate soluzioni nella terapia breve strategica

Un elemento importante del metodo di lavoro è l’analisi e la modifica delle tentate soluzioni disfunzionali.

Queste rappresentano i tentativi che le persone hanno fatto per gestire le proprie difficoltà ma che non hanno funzionato e, pertanto, hanno contribuito al peggioramento della situazione. In questo modo, da semplici difficoltà quotidiane si può arrivare allo strutturarsi di problematiche più ampie o di vere e proprie patologie.

Infatti, le ricerche condotte dal Centro di Terapia Strategica di Arezzo fondato da Giorgio Nardone e Paul Watzlawick evidenziano che, contrariamente a quello che comunemente si pensa, i problemi psicologici solitamente non derivano da avvenimenti traumatici del passato, ma si strutturano quando si applicano in modo troppo rigido ed inflessibile determinati comportamenti – le tentate soluzioni – anche quando è evidente che questi non funzionano e sono controproducenti.

Ad esempio, una persona che ha paura di specifiche situazioni può evitarle costantemente e può chiedere l’aiuto di altre persone quando costretta ad affrontarle. L’evitamento e la richiesta di aiuto inizialmente possono dare sollievo e far sentire protetti, ma se ripetuti, diventano problematici e limitano sempre di più l’autonomia.

Con il ripetersi di queste tentate soluzioni è possibile che si sviluppino varie problematiche, come attacchi di panico e fobie di vario tipo. Più si evita e più si chiede aiuto e più si conferma a se stessi la propria incapacità di affrontare la situazione.

In un caso di questo tipo, quindi, l’obiettivo della terapia sarà quello di aiutare la persona, in modo graduale e attraverso l’utilizzo di specifiche tecniche adatte al caso, ad interrompere il comportamento di evitamento e di richiesta di aiuto per risolvere il problema.

Le prescrizioni nell’approccio strategico

Una caratteristica molto importante della terapia breve strategica è l’utilizzo delle prescrizioni che dovranno essere svolte dalla persona tra un incontro e l’altro. Si tratta compiti molto concreti che consentono di conoscere meglio la situazione e di far sperimentare dei cambiamenti nelle percezioni e nelle reazioni all’ambiente circostante. Sono indicazioni calzate allo specifico caso e, quindi, fattibili per la persona.

In alcune terapie si ritiene che per favorire il cambiamento bisogna far riflettere le persone sul problema, sui meccanismi di mantenimento e sulle possibili alternative. Una volta che la persona avrà acquisito una conoscenza ed una consapevolezza adeguata si inizieranno ad introdurre dei cambiamenti comportamentali. Nell’approccio strategico la processualità è completamente invertita. Il punto di partenza è rappresentato da concrete esperienze percettive, emotive e comportamentali che, successivamente, saranno oggetto di una riflessione e di un apprendimento razionale.

Nella terapia breve strategica “si parte dalla convinzione che per cambiare una situazione problematica, prima si deve cambiare l’agire e, di conseguenza, il pensare del paziente” (Nardone e Watzlawick, 2010, p. 43).

Il cambiamento più rapido ed efficace, infatti, è quello che parte da esperienze concrete.

Le fasi del percorso

La terapia breve strategica segue determinate fasi:

  • Definizione del problema e dell’obiettivo, analisi delle tentate soluzioni e utilizzo delle prime strategie terapeutiche. La definizione del problema e dell’obiettivo della terapia dovranno essere molto concrete. Solo in questo modo, infatti, si potrà comprendere la reale esigenza della persona ed avere un riferimento per valutare l’efficacia del percorso.
  • Sblocco del problema, che rappresenta un cambiamento significativo nel modo di percepire e di reagire della persona. Se la terapia è efficace lo sblocco deve avvenire entro la decima seduta, anche nelle situazioni più complesse.
  • Consolidamento, che è la fase in cui vengono introdotti ulteriori cambiamenti progressivi fino al completo raggiungimento dell’obiettivo. È un momento fondamentale per rendere il cambiamento stabile ed evitare che la persona possa cadere nuovamente nell’uso di tentate soluzioni disfunzionali.
  • Conclusione, che si raggiunge quando la persona è diventata praticamente autonoma. A questo punto viene spiegato dettagliatamente il lavoro che è stato fatto e come si è raggiunto il cambiamento

Dott.ssa Erica Tinelli

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QUANDO LE TENTATE SOLUZIONI COMPLICANO IL PROBLEMA

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Le tentate soluzioni sono tutti i tentativi che facciamo per cercare di risolvere un problema.

Non sempre è facile individuare in modo efficace e rapido la soluzione alle nostre difficoltà. In alcuni casi si può essere completamente spaesati e confusi e non sapere cosa provare a fare; questo è particolarmente vero quando quando si deve affrontare un problema nuovo, mai incontrato in precedenza.

Nel cercare una soluzione spesso le persone utilizzano delle modalità di azione o di pensiero che hanno applicato con successo in passato. È un tentativo ragionevole e vantaggioso perchè consente un notevole risparmio di energie cognitive. Infatti,  è molto più facile utilizzare una strategia che già si conosce bene piuttosto che valutarne altre per poi scegliere ed applicare quella che sembra la migliore. È un processo automatico che impieghiamo per lo svolgimento della maggior parte delle attività quotidiane. Pensate a come sarebbe macchinosa la nostra vita se ogni volta che dobbiamo affrontare una situazione, anche la più semplice e banale, prendessimo in considerazione tutte le possibili alternative con i relativi vantaggi e svantaggi.

Quando le tentate soluzioni possono diventare disfunzionali?

La tendenza ad usare strategie che in passato si sono mostrate valide diventa problematica quando è troppo rigida e generalizzata. Ciò avviene quando si continuano ad applicare strategie che palesemente non funzionano perché ci si trova in situazioni diverse, non assimilabili alle precedenti e nelle quali, quindi, sarebbe necessario impiegare tattiche diverse.

Ecco alcuni esempi:

  • nell’educazione dei figli non si può pensare di applicare sempre gli stessi principi, trattando gli adolescenti come se fossero ancora dei bambini
  • se una persona è abituata a risolvere i problemi chiedendo sempre consigli ed aiuti agli altri, un giorno potrebbe trovarsi in una situazione nella quale questo comportamento non funzionerà perché dovrà affrontare autonomamente determinate difficoltà 
  • contrariamente al caso precedente, chi è molto autonomo e risolve tutti i suoi problemi da solo, almeno una volta nella vita potrebbe dover chiedere aiuto
  • coloro che solitamente gestiscono i conflitti con gli altri in modo pacato e diplomatico potrebbero sperimentare l’inefficacia di questa modalità con alcune persone
  • chi ha la tendenza a controllare il più possibile vari aspetti della sua vita si renderà presto conto che questo stile è completamente inefficace in alcuni casi (per approfondire leggi l’articolo LA MANIA DEL CONTROLLO)

La necessità di cambiare le tentate soluzioni

Insomma, quando le circostanze cambiano, anche le nostre modalità di approcciarci ad esse devono cambiare per evitare di mettere in atto comportamenti disfunzionali. Può venire spontaneo ed automatico cercare di applicare delle azioni ormai ben conosciute e consolidate. Tuttavia, è bene evitare di insistere quando si mostrano inadatte nel favorire il superamento del problema o il raggiungimento dell’obiettivo. Quando si ripropongono continuamente dei tentativi di soluzione fallimentari, infatti, non solo non si risolve il problema, ma lo si complica sempre di più. In questo modo è possibile che si arrivi a trasformare delle semplici difficoltà quotidiane in problemi sempre più seri e strutturati.

Non a caso, la maggior parte dei problemi psicologici si strutturano a partire dalle tentate soluzioni disfunzionali che la persona ripete nel tempo. Per questo motivo l’obiettivo di alcune terapie, come la LA TERAPIA BREVE STRATEGICA, è l’individuazione ed il superamento delle tentate soluzioni disfunzionali che verranno sostituite da strategie efficaci di gestione delle difficoltà.

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