fbpx

Erica Tinelli

Psicologa a Roma, Viterbo e Online

“NON CI VADO!”/“NON LO FACCIO!”: QUANDO L’EVITAMENTO DIVENTA UNA PRIGIONE

L’evitamento è un comportamento molto diffuso. Ti è mai capitato di evitare di andare in un determinato luogo o di svolgere una determinata attività perché il solo pensiero ti provocava un po’ d’ansia o di malessere?

Chiunque può avere delle difficoltà ad affrontare alcune situazioni. Ad esempio, molte persone fanno un po’ di fatica ad andare in posti dove non sono mai state e dove non sanno bene cosa le attende o a fare delle cose nuove con le quali non si sono mai confrontate.

Perché si evita?

L’evitamento spesso deriva dal timore di non riuscire a fare ciò che andrebbe fatto o comunque a dare il meglio di sè, di apparire ridicoli o inadeguati agli occhi degli altri, di non riuscire ad essere sereni e a viversi la situazione al meglio. Ecco allora che in circostanze di questo tipo se è possibile si può avere la tentazione di evitare di affrontare ciò che si teme, ad esempio rinunciando a vivere alcune esperienze oppure delegando ad altre persone lo svolgimento di alcune attività.

Può sembrare un comportamento perfettamente utile e funzionale perché impedisce di confrontarsi con ciò che mette paura e questo produce un senso di serenità e di rassicurazione che nel breve periodo fa stare meglio. Ogni volta che riusciamo ad organizzarci in modo tale da non dover fare quello che crea un po’ di stress e di ansia, infatti, lì per lì tiriamo un sospiro di sollievo e siamo tranquilli.

Cosa succede nel lungo termine se l’evitamento diventa eccessivo?

L’evitamento può essere considerata una trappola molto subdola perché si tratta di un qualcosa che inizialmente può apparire benefico e utile al nostro benessere, ma che se viene ripetuto più e più volte può diventare un aspetto estremamente dannoso, una vera e propria prigione.

Più si evita, infatti, e più ci si sente insicuri, incapaci, scontenti. Ci si priva della possibilità di fare delle esperienze che, dopo alcune difficoltà iniziali, potrebbero risultare anche interessanti, positive, soddisfacenti. Non si sviluppano delle nuove abilità e quelle che si possiedono già cominciano ad indebolirsi progressivamente perché vengono utilizzate sempre di meno e si sa che non esercitare determinate capacità contribuisce a farle decadere.

Aumentano sempre di più, inoltre, le situazioni che vengono percepite come difficili e potenzialmente minacciose e che, quindi, vengono evitate fino ad arrivare, nei casi più estremi, a condizioni nelle quali la persona evita di fare anche le cose più quotidiane che in passato faceva tranquillamente, come ad esempio fare la spesa, andare in banca, fare una telefonata, uscire di casa, stare da sola.

Tutto questo, ovviamente, ha un impatto anche sulla propria autostima perché la persona si rende conto di essere sempre meno autonoma e di non essere capace di fare delle cose che fanno tutti, o quasi.

Come gestire la tendenza ad evitare?

Ogni volta che valuti la possibilità di evitare qualcosa che temi, quindi, pensaci bene e pensa che a volte è meglio affrontare un piccolo disagio immediato che un grande problema futuro. Se, invece, l’evitamento è già molto strutturato, è diventata una difficoltà estrema e non riesci a fare diversamente, il consiglio è quello di rivolgersi ad uno psicologo che possa aiutarti a trovare le strategie giuste per uscire da questa prigione.

 Dott.ssa Erica Tinelli

3884462095

erica.tinelli@hotmail.it

Se ti è piaciuto questo articolo potrebbe interessarti anche:

RESILIENZA: COS’E’, A COSA SERVE E COME SI PUO’ SVILUPPARE

CHIEDERE AIUTO: UNA RISORSA O UNA TRAPPOLA?

QUANDO LA PAURA DIVENTA INVALIDANTE: LE FOBIE

QUANDO LE TENTATE SOLUZIONI COMPLICANO IL PROBLEMA

COME SI MANIFESTANO GLI ATTACCHI DI PANICO?