fbpx

Erica Tinelli

Psicologa a Roma, Viterbo e Online

L’ENIGMATICO MONDO DEI SOGNI

l'enigmatico mondo dei sogni.jpg

I sogni hanno un significato da decifrare?

Molte persone pensano che i sogni abbiano un significato nascosto da interpretare con l’analisi dettagliata dei contenuti del sogno stesso e dei pensieri associati. Questa idea venne sostenuta anche dalle teorie di Freud, secondo il quale il sogno è la rappresentazione mascherata, camuffata, di un desiderio del quale non siamo consapevoli e che ha a che fare principalmente con la sfera sessuale. In base a questa prospettiva, il sogno si presenta spesso in forme bizzarre e non comprensibili perché riguarda desideri conflittuali non pienamente accettati dalla persona in virtù della propria moralità o delle norme esplicite o implicite della società.

Sicuramente questa ipotesi può sembrare interessante e affascinante, ma in realtà a livello scientifico non c’è mai stata alcuna convalida. Anzi, le teorie attualmente più diffuse e che si basano sullo studio delle caratteristiche biologiche del sogno sembrano evidenziare dei principi totalmente contrapposti a quelli sostenuti da Freud.

Il sogno come conseguenza dell’attivazione cerebrale

La teoria dell’attivazione-sintesi di Hobson ha dimostrato sperimentalmente che il sogno è una conseguenza dell’attivazione di determinate aree cerebrali. Secondo l’autore, tale attivazione produce delle immagini, alle quali il cervello cerca di dare un senso attraverso un processo di sintesi che porta alla creazione dei sogni.

L’energia che genera il sogno, diversamente da quanto sostenuto da Freud, è prodotta dal cervello e non da pulsioni o da stimoli che non si sono manifestati apertamente a causa di conflitti.

Inoltre, la potenza richiesta per generare il sogno è relativamente debole, mentre Freud credeva che fosse elevata. La teoria di Hobson, quindi, si focalizza molto sui meccanismi cerebrali che innescano il sonno ed il sogno. In quest’ottica i sogni risultano bizzarri ed enigmatici non perché manifestano dei contenuti che non possono essere espressi direttamente, ma in virtù dei meccanismi di funzionamento del cervello durante il sonno. Non c’è, quindi, nessun messaggio o significato nascosto da decifrare e da portare alla luce. “I sogni sono comprensibili almeno per quanto lo consentono le particolari condizioni di funzionamento del cervello durante il sonno.” (Hobson).

Questa teoria, inoltre, afferma che la sintesi onirica può avere varie fonti alle quali attingere, tra le quali è possibile trovare i desideri (espliciti e non camuffati) ed i conflitti, soprattutto nel caso di sogni ricorrenti. Tuttavia, esistono anche tante altre fonti molto importanti, tra le quali le conoscenze, le opinioni della persona, le esperienze, le preoccupazioni o qualsiasi altro tipo di input recente.

Ma perché sogniamo? A cosa serve il sogno?

A questa domanda non è stata ancora trovata una risposta definitiva.

Alcune teorie recenti hanno avanzato l’ipotesi che il sogno svolga un ruolo di facilitazione dell’apprendimento. Ad esempio, in alcuni studi è emerso che gli studenti universitari sognano di più quando stanno preparando degli esami. Al tempo stesso, però, è stato evidenziato anche che le persone che non sognano a causa di determinate lesioni cerebrali riescono comunque ad acquisire conoscenze e ad apprendere compiti anche molto complessi.

L’effetto del sogno sull’apprendimento, quindi, se presente, sembra essere minimo.

 

Dott.ssa Erica Tinelli

3884462095

erica.tinelli@hotmail.it

Bibliografia

De Pascalis V., (2008), “La coscienza”, in N. R. Carlson, Heth C.D., Miller H., Donahoe J. W., Buskist W., Martin G. N., Psicologia. La scienza del comportamento. Piccin, Padova.

Hobson A.  (2006), “Il modello freudiano dei sogni non è plausibile”, in C. Meyer, Il libro nero della psicoanalisi. Fazi, Roma.

NON SOLO AMORE E SERENITA’…IL NATALE PUO’ ANCHE ESSERE STRESSANTE

NON SOLO AMORE E SERENITA’…IL NATALE PUO’ ANCHE ESSERE STRESSANTE.jpg

Manca poco a Natale ed è impossibile non rendersene conto. Ovunque si cominciano a vedere cibi tipicamente natalizi, luci e addobbi di vario tipo. Si respira un’atmosfera di festa, di felicità, di pace e di amore…

….ma è davvero così? Non sempre e non per tutti!

Il Natale, infatti, per alcuni aspetti può essere considerato stressante e difficile da gestire, soprattutto per quanto riguarda alcuni elementi abbastanza ricorrenti come ad esempio l’ansia del dover fare i regali, il dover incontrare determinate persone che possono risultare noiose e antipatiche, il soddisfare specifiche aspettative, il tentativo di rendere queste giornate di festa serene.

Come evitare che il periodo di Natale si trasformi in un vero e proprio inferno? Ecco alcuni suggerimenti per fare in modo che il Natale non diventi stressante.

Evita lo stress del Natale vivendolo con naturalezza

Molte persone a Natale si sforzano di essere o di mostrarsi felici a tutti i costi, in linea con quello che sembra essere il clima dominante. Tuttavia, la felicità è un’emozione spontanea, che difficilmente può essere prodotta in maniera volontaria. Anzi, a volte, più si cerca di ostentarla e più si finisce per inibirla. Inoltre, ricorda che in questo periodo ci sono anche altri stati d’animo che è molto probabile sperimentare, come ad esempio la tristezza nel ricordare i propri cari che non ci sono più.

Se ti focalizzi solo sugli obblighi il Natale sarò sicuramente stressante

Durante le feste natalizie può capitare di sentirsi in dovere di fare qualcosa che si preferirebbe evitare, come i regali o come passare il tempo con persone che non suscitano tanta simpatia.

Chiediti se secondo te è veramente indispensabile fare queste cose o se puoi eliminarle oppure ridurle. Se non puoi, almeno cerca di renderle il più piacevoli possibile.

Inoltre, non preoccuparti solo di soddisfare le aspettative altrui, ma ricordati anche di te stesso, di ciò che potrebbe renderti contento, di ciò che desideri davvero e trova degli spazi per dedicarti a questo.

Dire addio allo stress organizzandosi per tempo

In queste giornate la maggior parte delle persone è molto impegnata: si dedica alla ricerca dei regali, alla scelta e alla preparazione dei cibi, alla programmazione delle attività da svolgere, delle località da visitare e così via.

In tutta questa frenesia un po’ di pianificazione è fondamentale. Facendo tutto all’ultimo momento si corre il rischio di diventare ansiosi e stressati per la paura di non riuscire a fare le cose bene.

Ricordati che la perfezione non esiste

Per quanto ci si possa sforzare di curare tutti i dettagli e di organizzare al meglio le giornate natalizie, ci potrà sempre essere qualche piccola cosa che non andrà come avremmo voluto. Accetta la cosa e considera gli imprevisti come un esercizio di flessibilità. Uno dei segreti per vivere bene in Natale, infatti, è non pretendere la perfezione.

A questo punto non mi resta che augurare a tutti un buon Natale!

Dott.ssa Erica Tinelli

3884462095

erica.tinelli@hotmail.it

Se ti è piaciuto questo articolo potrebbe interessarti anche:

RISCOPRIRE IL VALORE DEI REGALI

PERCHE’ TANTE PERSONE AMANO I FILM HORROR ANCHE SE NE SONO SPAVENTATE?

perchè tante persone amano i film horror anche se ne sono spaventate.jpg

La passione per i film horror è abbastanza diffusa, anche se molte persone che li guardano ne sono almeno in parte spaventate. Ma perché esporsi volontariamente a degli stimoli che incutono timore e che potrebbero essere evitati? Guardare film horror, infatti, non è una cosa indispensabile nella vita di nessuno.

A questo comportamento apparentemente bizzarro e contraddittorio possono essere date varie spiegazioni.

Guardare film horror per ottenere la catarsi

Una prima ipotesi è quella della catarsi, secondo la quale i film horror possono aiutare le persone ad esprimere determinate emozioni che solitamente tendono a reprimere, come ad esempio la paura o il disgusto.

I film horror, in questo prospettiva, rappresenterebbero uno strumento di sfogo, un canale attraverso il quale manifestare emozioni altrimenti trattenute. A tale proposito, Stephen King definisce i film horror come “sanguisughe della psiche che non prelevano il sangue cattivo, ma l’ansia”.

Imparare a fronteggiare le difficoltà

Un’altra possibile spiegazione viene data dallo psicologo Daniel Goleman nel libro “Intelligenza sociale”. Secondo Goleman esporsi a film che spaventano potrebbe rappresentare un modo per imparare  a gestire piccole “minacce” o fattori di stress al fine di sviluppare la resilienza, cioè la capacità di gestire le difficoltà.

Si tratterebbe, in questo caso, di uno strumento di allenamento nei confronti dello stress e delle difficoltà quotidiane, anche se le persone potrebbero non esserne consapevoli. Ovviamente affinchè ciò sia possibile è necessario che il tipo di film sia proporzionato all’età degli spettatori e alle loro caratteristiche per evitare di esporsi a stimoli troppo forti e difficili da gestire, che potrebbero provocare una paura eccessiva e paralizzante.

Guardare film horror per ricercare emozioni forti

Infine, occorre ricordare che, anche se la passione per questi film è abbastanza diffusa, certamente non è universale. E’ possibile, quindi, che la scelta di guardare questo tipo di film sia influenzata anche da variabili individuali che differenziano le varie persone.

Alcune ricerche, ad esempio, hanno evidenziato la presenza di un’associazione tra il piacere sperimentato nel guardare film horror ed il punteggio delle persone nel costrutto “sensation seeking”, che indica la tendenza a ricercare stimoli intensi che possono consentire di superare la routine e la noia. I film horror, quindi, possono rappresentare per i “cercatori di sensazioni” uno dei tanti modi attraverso i quali è possibile sperimentare emozioni forti.

Dott.ssa Erica Tinelli

3884462095

erica.tinelli@hotmail.it

Bibliografia

Goleman D. (2006). Intelligenza sociale. BUR Biblioteca Univ. Rizzoli, Milano.

Goldstein J. H. (1998). Why We Watch The Attractions of Violent Entertainment. Oxford University Press

“HA INDOVINATO!” ECCO COME MAGHI, CARTOMANTI E VEGGENTI POSSONO CONVINCERCI DI SAPERE TUTTO DI NOI

“HA INDOVINATO!” ECCO COME MAGHI, CARTOMANTI E VEGGENTI POSSONO CONVINCERCI DI SAPERE TUTTO DI NOI.jpg

Molte persone nel corso della loro vita si sono rivolte almeno una volta a maghi o a cartomanti per vari motivi: per risolvere un problema, per sapere cosa riserverà il futuro, per parlare con i propri cari defunti, ecc…. Alcune persone potrebbero aver deciso di fare questa esperienza anche solo per curiosità.

Alcuni credono all’esistenza di persone con poteri straordinari che le rendono capaci di parlare con i defunti, di comprendere una persona e di conoscere la sua vita ed il suo futuro con la lettura della mano, i tarocchi o altre tecniche. Forse sarà capitato anche a qualche scettico di sviluppare questa convinzione perché è andato da un mago che sembrava sapere tutto di lui. E come sarebbe possibile una cosa del genere se quella persona non avesse dei poteri particolari?

Ovviamente pensare che possano esistere delle persone con questi poteri eccezionali è una credenza soggettiva e come tale va rispettata. Anche chi crede a queste cose, però, generalmente riconosce che ci sono delle persone che affermano di avere delle capacità che, in realtà, non hanno e che sono capaci di usare dei trucchi.

Gli studi di Wiseman su maghi, cartomanti, veggenti

Richard Wiseman è uno psicologo che si è occupato di studiare questi fenomeni apparentemente paranormali. Dai suoi studi e dall’incontro con un presunto sensitivo che gli ha parlato dei suoi trucchi, ha individuato alcune tecniche di base utilizzate da chi si definisce veggente per catturare l’attenzione delle persone, ottenere il loro favore e far credere di conoscere la loro vita ed il futuro. Le principali tecniche utilizzate sono:

Fare lusinghe

La maggior parte dei sensitivi tende a fare alle persone dei complimenti -“hai delle ottime capacità”, “sei un ottimo osservatore”, “sei capace di gestire le situazioni critiche”, “sei attento ai dettagli”-. Questo serve per soddisfare il bisogno umano di essere apprezzati e di avere un’immagine di sé positiva. Questo semplice espediente può indurre le persone ad avere un atteggiamento più benevolo nei confronti del mago e ad abbassare la propria capacità critica. Alcune delle lusinghe che vengono fatte sono talmente generali da poter essere adatte a chiunque. -Chi è che non ha delle ottime capacità almeno in uno specifico ambito?- Altre lusinghe sono più calzate alla persona ma possono essere dedotte facilmente dall’osservazione della persona o da quello che viene detto -.

Sfruttare il meccanismo psicologico della memoria selettiva

La memoria selettiva ci porta a ricordare di più le cose che sono congruenti con le nostre aspettative e con le nostre idee. I maghi fanno molte affermazioni che si riferiscono a caratteristiche diverse e spesso contrapposte. -Esempio: “alcune persone ti definiscono timida, ma non hai paura di dire la tua”, “sei una persona precisa, ma anche disorganizzata a volte”-. Le persone sono portate a ricordarsi maggiormente ciò che rispecchia la loro personalità e la loro storia e a dimenticare il resto.

I cartomanti usano la creazione di senso

L’uomo è portato ad interpretare gli stimoli, ad attribuire un significato specifico anche ad informazioni molto generiche ed ambigue. In base a questo fenomeno molte affermazioni fatte dai sensitivi possono apparire riferite a sè. Ad esempio, se si parla di “cambiamento in campo immobiliare”, questo potrebbe riferirsi al proprio trasloco o al trasloco di un amico o di un familiare, alla possibilità di ereditare un immobile, alla possibilità di cercare una nuova casa in affitto o di acquistarne una nuova. Inoltre, questo cambiamento potrebbe riferirsi al presente, ma anche al passato e al futuro. Insomma, si apre un ventaglio di possibilità così ampio nel quale ognuno, riflettendo, potrà individuare ciò che si riferisce a sé.

Prestare attenzione alle reazioni delle persone

Solitamente i cartomanti toccano vari argomenti e fanno vari commenti e, studiando le reazioni delle persone, approfondiscono i temi importanti e ripropongono certe informazioni. Ad esempio, possono iniziare accennando possibili problemi di salute, economici, amorosi per osservare quale tema interessa alla persona. Arrivano a capirlo osservando piccoli dettagli che possono sembrare anche minimi, ma che con un po’ di allenamento si riescono a cogliere abbastanza facilmente. Si può trattare, ad esempio, dell’annuire lievemente, di piccoli sorrisi o espressioni di tristezza, di un cambiamento di espressione o della postura.

Servirsi dell’illusione dell’unicità

Molto spesso tendiamo a considerarci come persone uniche e speciali, con caratteristiche fuori dal comune e particolari. In realtà siamo tutti molto simili e, quindi, assolutamente prevedibili. In base a questo principio i maghi molto spesso propongono affermazioni che sono valide per la stragrande maggioranza delle persone.

Utilizzare delle scappatoie

Naturalmente può capitare anche ai sensitivi di fare affermazioni completamente sbagliate e a questo punto cercano delle scappatoie. Una delle più diffuse è quella di ampliare un’affermazione giudicata sbagliata in modo da renderla ancora più vaga e, quindi, potenzialmente riferibile ad una molteplicità di situazioni, aumentando così la probabilità di individuare qualcosa che possa riguardare la persona. Ad esempio, se il sensitivo dice che nella vita della persona c’è qualcuno con un nome che inizia con la M., ma non riceve conferma, potrebbe dire che in realtà potrebbe trattarsi anche di una N. Un’altra tecnica consiste nell’invitare la persona a riflettere su quanto detto perchè probabilmente l’informazione è corretta, ma riguarda qualcosa che in questo momento non le viene in mente e, solitamente, “chi cerca trova”.

Infine, se si fanno affermazioni più specifiche che si rivelano errate, si può utilizzare lo stratagemma di dire che si stava parlando in modo metaforico. Ad esempio, se si dice ad una persona che ama viaggiare e questo non è vero, le si potrebbe dire che il viaggiare va inteso metaforicamente, nei termini di “viaggiare con la fantasia”, “essere aperta ai cambiamenti”, “ricercare nuovi stimoli”.

Perché le persone sono così attratte da maghi, cartomanti, veggenti?

Anche se quello che viene proposto da maghi, cartomanti e veggenti non ha alcun fondamento scientifico, molte persone continuano comunque a credere a queste cose e ad affidarsi a queste persone anche per risolvere questioni che richiederebbero altri interventi, ad esempio di tipo medico o psicologico.

In effetti può essere affascinante pensare che esistano persone con doti eccezionali, capaci di sapere tutto di noi in poco tempo e soprattutto capaci di offrirci una visione radiosa del futuro oppure la soluzione magica ai nostri problemi.

È più facile credere che una situazione difficile potrà essere risolta facilmente grazie ad un intervento magico esterno, piuttosto che impegnarci attivamente per superare l’ostacolo

È più facile credere che il futuro potrà riservarci cose positive, piuttosto che adoperarci per costruirle effettivamente…ma a lungo andare questo atteggiamento produrrà più effetti negativi o positivi?

Dott.ssa Erica Tinelli

3884462095

erica.tinelli@hotmail.it

Bibliografia

Wiseman R. (2012). Paranormale. Perché vediamo quello che non c’è. Ponte Alle Grazie, Milano

L’ESPERIENZA DEI CAMPI DI CONCENTRAMENTO DA UN PUNTO DI VISTA PSICOLOGICO

L'ESPERIENZA DEI CAMPI DI CONCENTRAMENTO DA UN PUNTO DI VISTA PSICOLOGICO.jpg

I campi di concentramento rappresentano sicuramente uno degli avvenimenti più drammatici della storia dell’uomo.

Si tratta di un tema che è stato trattato in numerose opere, come film e libri. Tra questi troviamo il libro “uno psicologo nei lager”, scritto dallo psicologo Viktor Frankl. L’autore racconta la sua esperienza personale nei campi di concentramento e, al tempo stesso, cerca di analizzare i comportamenti e la vita nei lager da un punto di vista psicologico.

Il delirio di grazia e la disperazione 

Una prima cosa evidenziata da Frankl riguarda il cosiddetto “delirio di grazia”. Infatti, nonostante gli internati avessero già sentito parlare di quello che avveniva nei campi di concentramento, inizialmente sembravano sviluppare l’illusione che la loro situazione non sarebbe stata così tragica. Speravano, ad esempio, nei campi avrebbero potuto avere posizione privilegiata, come quella dei prigionieri che li avevano accolti e che avevano un aspetto florido.

Queste illusioni scomparivano abbastanza velocemente per lasciare il posto allo shock, alla disperazione, ai pensieri ed ai tentativi di suicidio.

Successivamente si sviluppava un sentimento di apatia e di insensibilità progressiva che portava le persone ad essere distaccate anche davanti a circostanze emotivamente molto cariche. Secondo Frankl si trattava di un meccanismo di difesa che consentiva di concentrarsi quasi esclusivamente sulla conservazione della vita. Inoltre, era anche il risultato di alcune condizioni fisiche, come ad esempio la fame e la mancanza di sonno.

Le forme di interiorizzazione nei campi di concentramento

Un altro elemento molto interessante è il fatto che, anche se gli internati erano focalizzati prevalentemente su bisogni “primitivi” -come il cibo-, erano comunque presenti delle forme di interiorizzazione molto elevate.

Tra queste troviamo:

  • la rappresentazione delle persone amate (“Nella situazione esterna più misera che si possa immaginare…, quando la sola cosa che si possa fare è sopportare il dolore con dirittura, sopportarlo a testa alta, ebbene, anche allora, l’uomo può realizzarsi in una contemplazione amorosa, nella contemplazione dell’immagine spirituale della persona amata, che porta in sé.“)
  • la sensibilità verso la natura (“Chi avesse visto i nostri volti trasfigurati dall’incanto, durante il viaggio in treno da Auschwitz a un Lager bavarese, quando scorgemmo, dalle sbarre di un vagone cellulare, i monti di Salisburgo, con le cime rilucenti nel tramonto, non avrebbe mai creduto che erano volti di uomini che consideravano praticamente conclusa la propria vita.“)
  • l’umorismo, che sembrava creare un distacco dalla situazione ed elevare gli uomini al di sopra della loro condizione (“Il mio compagno era chirurgo; era stato assistente d’un reparto ospedaliero. Così una volta cercai di farlo ridere, dipingendo come sarebbe rimasto legato alle abitudini contratte nel Lager, anche dopo il suo ritorno a casa e al lavoro consueto. Un’abitudine del cantiere, per esempio, era che quando il dirigente dei lavori si avvicinava per l’ispezione, il sorvegliante cercasse di accelerare i tempi, stimolando gli operai con il consueto grido: “Movimento, movimento!”. Così dissi al mio compagno: una volta, quando sarai di nuovo in sala operatoria e dovrai eseguire una lunga operazione allo stomaco, d’un tratto entrerà di corsa l’inserviente, annunciando con il suo: “Movimento, movimento!” l’arrivo del primario: “Arriva il capo!“).

Trovare uno scopo per sopravvivere ai campi di concentramento

Dall’esperienza di Viktor Frankl sembra che la lotta per la sopravvivenza intrapresa dagli internati dipendeva, oltre che dai fenomeni precedentemente descritti, anche e soprattutto dalla capacità delle persone di trovare uno scopo futuro che giustificasse la voglia di sopravvivere.

Questo obiettivo variava da persona a persona. Poteva riguardare, ad esempio, l’ambito familiare -rivedere i propri cari- o quello professionale -finire un lavoro importante-. Purtroppo, però, anche coloro che riuscirono a trovare uno scopo futuro e a sopravvivere, molto spesso si dovettero scontrare con la delusione di non poter raggiungere il traguardo agognato -si pensi a tutti coloro che scoprirono che i propri familiari erano morti- e con l’amarezza di non sentirsi mai pienamente compresi dal resto della società.

Dott.ssa Erica Tinelli

3884462095

erica.tinelli@hotmail.it

Bibliografia

Frankl V. E. (2009). Uno psicologo nei lager. Ares, Milano.

LE REAZIONI PSICOLOGICHE DEI FAMILIARI DEGLI ASSASSINI

mio padre_mio figlio è un assassino le reazioni psicologiche dei familiari.jpg

Purtroppo capita spesso di ascoltare in televisione o di leggere sui giornali notizie relative ad assassini e ad omicidi di vario tipo.

Spesso quello che stupisce di questi episodi non è soltanto l’efferatezza o la futilità delle motivazioni -ad esempio la noia, un banale litigio, la voglia di vedere che effetto fa, la difficoltà ad accettare la fine di una relazione-, ma anche la reazione dei familiari degli assassini. Non è raro, infatti, sentire dichiarazioni come: “è una brava persona”, “non ci sono mai stati segnali che ci potessero far pensare una cosa del genere”, “è stata colpa dell’effetto della droga”, “non era in sè quando ha fatto quelle cose “. Queste affermazioni spesso stupiscono e provocano anche rabbia perché sembrano voler sminuire la gravità dell’evento o privare la persona della sua responsabilità.

In realtà, occorre tenere in considerazione il fatto che scoprire di avere un parente assassino è un evento devastante per chiunque. Le affermazioni che ascoltiamo, solitamente, sono il frutto di questa scoperta dolorosissima e delle relative reazioni psicologiche difensive. Mastronardi e De Luca, ad esempio, descrivono queste reazioni in riferimento ai familiari dei serial killer, ma molto probabilmente si tratta di processi simili a quelli che si possono innescare nei familiari di assassini di altro tipo.

Le reazioni dei genitori di assassini

Secondo gli autori i genitori possono elaborare l’evento attraverso varie fasi:

  • incredulità e negazione, nella quale si convincono che c’è stato un errore di persona. Probabilmente questa fase non si manifesta quando le prove sono molto evidenti o quando c’è addirittura una confessione da parte dell’assassino.
  • spostamento della responsabilità su terzi, come altre persone che hanno influenzato il soggetto oppure sostanze come droghe, alcol
  • spostamento della colpa su se stessi, nella quale i genitori si sentono responsabili di essere stati dei cattivi genitori e di non essersi mai accorti di nulla
  • senso di fallimento come genitore, che implica anche il dover gradualmente imparare a convivere con l’idea che il figlio è un “mostro”

Le reazioni dei figli

Anche i figli, quando scoprono di avere genitori assassini vivono la notizia come un trauma, che prevede varie fasi:

  • incredulità, senso di abbandono e di impotenza
  • rabbia verso il genitore che lo priva di una famiglia normale e vergogna per quello che è stato fatto, tanto che in qualche modo vorrebbe pagarne anche lui le conseguenze
  • recupero parziale della figura genitoriale con meccanismi difensivi. Rabbia e vergogna vengono metabolizzate e, dopo un po’ di tempo, il figlio tende a recuperare parzialmente la figura del genitore arrivando a convincersi che quando ha compiuto queste azioni era sicuramente in uno stato alterato. È più sopportabile, infatti, l’idea di avere un genitore malato piuttosto che “mostro”

Anche i familiari degli assassini, quindi, in un certo senso sono delle vere e proprie vittime che devono imparare ad elaborare adeguatamente questo trauma, evitando il più possibile che questo possa avere effetti distruttivi sulla propria identità.

Dott.ssa Erica Tinelli

3884462095

erica.tinelli@hotmail.it

Bibliografia

Mastronardi V. M., De Luca R. (2011). I serial killer. Il volto segreto degli assassini seriali:  chi sono e cosa pensano? Come e perché uccidono? La riabilitazione è possibile? Newton Compton Editori, Roma.