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Erica Tinelli

Psicologa a Roma, Viterbo e Online

ANSIA SANA E ANSIA PATOLOGICA

Che cos’è l’ansia?

L’ansia è un’emozione molto diffusa. Emerge in situazioni nelle quali viene percepita una minaccia, sia di tipo fisico che psicologico. Possiamo provare ansia quando ci sentiamo in pericolo fisicamente, come quando si è in presenza di animali o persone potenzialmente aggressive o di pericoli come terremoti. Al tempo stesso possiamo sperimentare ansia anche quando percepiamo dei pericoli per la nostra autostima e per l’immagine positiva che cerchiamo di trasmettere agli altri. Ad esempio, si può provare ansia quando dobbiamo esporci al giudizio degli altri, nei casi in cui dobbiamo parlare in pubblico, fare degli esami, esporre la nostra opinione, ecc…

L’ansia comporta un’attivazione che si esprime con l’aumento del battito cardiaco, della sudorazione, con l’alterazione della respirazione. L’attenzione è tutta rivolta alla ricerca dei segnali di pericolo e delle modalità con le quali questi possono essere gestiti. A livello comportamentale, inoltre, il nostro organismo si prepara a possibili lotte o fughe.

Perché l’ansia è utile?

Solitamente le persone vivono l’ansia con disagio. In realtà, però, è un’emozione che, se si mantiene entro certi livelli, è perfettamente naturale in determinate circostanze perché contribuisce a creare uno stato di attivazione che rende la persona più attenta ed efficace.

La teoria dell’arousal di Yerkes e Dodson afferma che lo stato di attivazione della persona va da un continuum che ha come poli estremi il sonno e l’eccitazione diffusa. A bassi livelli di attivazione ci si distrae piuttosto facilmente, mentre ad elevati livelli di attivazione si è in preda all’ansia. Per questo motivo, in generale, la prestazione ottimale si ottiene quando si ha un livello di attivazione intermedio, cioè né troppo alto, né troppo basso. Questa relazione, poi, è influenzata anche dal livello di difficoltà del compito: quando il compito è più difficile è preferibile avere un livello di attivazione un po’ più basso rispetto a quando il compito è semplice.  Questa teoria è stata confermata da numerose ricerche in vari ambiti, come quello lavorativo e quello scolastico.

È stato dimostrato, quindi, che l’ansia ha una funzione molto importante che riguarda il dirigere le nostre capacità in vista del raggiungimento di un obiettivo. Non è, quindi, qualcosa da combattere e da allontanare, ma un’emozione utile che, se ben gestita, può rappresentare un’importante risorsa.

Quand’è che diventa patologica?

Quando compromette la qualità della nostra vita e diventa invalidante, precisamente:

  • quando si manifesta in molti contesti diversi. In tal caso la persona vive la maggior parte delle situazioni come pericolose ed ansiogene e, quindi, riesce troppo raramente ad essere tranquilla
  • quando raggiunge livelli eccessivamente intensi e crea confusione totale, difficoltà ad elaborare le informazioni, a pensare lucidamente e ad agire. Nei casi più estremi si arriva ad un vero e proprio blocco che impedisce alla persona di affrontare ciò che teme e che, con il passare del tempo, la porta ad evitare tutto quello che le provoca ansia, confermando sempre di più a se stessa la presunta pericolosità della situazione e la propria incapacità nel gestirla. Ad esempio, provare un po’ d’ansia alla guida, soprattutto quando non si ha molta esperienza o quando si percorrono percorsi nuovi, è normale ed utile. L’ansia diventa invalidante quando è così forte che la persona non riesce a indirizzare le sue energie per guidare al meglio o quando è così ansiosa che evita a priori di guidare.

Quando l’ansia diventa patologica l’aiuto di un professionista può consentire di superare il problema e di recuperare il proprio benessere.

Dott.ssa Erica Tinelli

3884462095

erica.tinelli@hotmail.it

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GESTIRE AL MEGLIO L’ANSIA

Bibliografia

Yerkes R. M. e Dodson J. D. (1908). The relation of strength of stimulus to rapidity of habit‐formation. Journal of comparative neurology18(5), 459-482.

CONSAPEVOLEZZA E CAMBIAMENTO

La consapevolezza dei propri sbagli porta al cambiamento desiderato?

Molte persone considerano la consapevolezza un aspetto importante per cambiare e migliorarsi. In effetti può essere d’aiuto ma, di solito, da sola non è sufficiente. Ecco perchè.

A volte ci si rende conto di aver commesso, in alcune situazioni, degli errori. Ad esempio, ci si può accorgere di aver usato una comunicazione o una modalità relazionale inadeguata con alcune persone, di aver fatto delle cose dannose per la propria salute, di aver pianificato in modo sbagliato alcune attività, ecc…

La consapevolezza di aver sbagliato può essere molto importante. Non necessariamente, però, porta al cambiamento desiderato, per una serie di motivi che riguardano principalmente il non sapere cosa fare, la gestione delle emozioni e la ripetizione ed il consolidamento.

Non sapere cosa fare

Prima di tutto, essere consapevoli di aver sbagliato non significa per forza sapere cosa fare di diverso per produrre dei risultati migliori. Non basta semplicemente fare l’opposto. L’opposto di qualcosa di sbagliato , infatti, può essere altrettanto sbagliato o inefficace o può essere ancora più dannoso. Ad esempio, se comunicare in modo morbido e gentile non ha prodotto l’effetto sperato, questo non vuol dire necessariamente che bisogna usare un atteggiamento molto formale, rigido e deciso.

Per poter cambiare nella direzione sperata, quindi, non è sufficiente sapere di aver commesso degli errori. Occorre anche conoscere e sperimentare le giuste strategie che potranno, poi, essere gradualmente modificate ed affinate in base ai feedback ricevuti.

La gestione delle emozioni

Altre volte, invece, si sa cosa bisognerebbe fare di diverso, ma non si riesce a farlo a causa di emozioni intense e difficili da gestire. Può essere il caso delle persone che sanno che non dovrebbero avere esplosioni di rancore, ma a volte non sanno gestire la rabbia che provano. In questa categoria rientrano anche coloro che sanno che non dovrebbero evitare certe situazioni, ma lo fanno comunque perché pieni di paura.

In questi casi la consapevolezza non basta. La consapevolezza, infatti, non permette di incanalare le emozioni che, se non vengono gestite bene, sono un ostacolo al raggiungimento dell’obiettivo.

Non solo consapevolezza, ma anche ripetizione e consolidamento

Ci sono, poi, delle situazioni nelle quali le persone sanno che hanno commesso degli errori, sanno cosa devono fare di diverso e sono in grado di farlo. Anche in questi casi, la consapevolezza di aver sbagliato e di quello che andrebbe fatto può non essere sufficiente.

Per produrre un cambiamento davvero efficace e stabile, infatti, è necessario riproporre il nuovo comportamento più e più volte. Il nuovo copione deve diventare sempre più spontaneo e automatico, in modo da creare un nuovo modo di rapportarsi alla realtà. In caso contrario la consapevolezza acquisita resterà solo un pensiero oppure produrrà un cambiamento che sarà effimero e transitorio. Si ricadrà ben presto nella trappola del vecchio copione comportamentale.

Dott.ssa Erica Tinelli

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L’ESPERIENZA EMOZIONALE CORRETTIVA

LA TRAPPOLA DELLE ASPETTATIVE

“Non è che non bisogna avere aspettative,

è che bisogna verificare ciò che torna indietro e aggiustare il tiro”

 Giorgio Nardone

Avere delle aspettative su quello che potrebbe succedere in determinate circostanze o in merito a come le persone potrebbero comportarsi è perfettamente normale. È importante, però, mantenere un certo grado di flessibilità nei confronti delle proprie aspettative ed essere capaci di ricalibrarle quando necessario.

Da cosa derivano le aspettative?

Molto spesso le aspettative derivano dai desideri, quindi ci si aspetta quello che si vuole che succeda. Ad esempio, ci si può aspettare che una persona ci cerchi o si comporti in un determinato modo perché è quello che si vorrebbe.

Altrettanto spesso le aspettative si basano sui propri schemi mentali e comportamentali. Ci si aspetta, quindi, che gli altri manifestino le percezioni e i comportamenti che sperimenteremmo noi in situazioni simili. E’ il classico meccanismo mentale per il quale “io al suo posto avrei fatto così e quindi mi sarei aspettato da lui lo stesso comportamento”. La nostra prospettiva, però, è solo una delle tante possibili.

Perché è importante essere flessibili su ciò che ci si aspetta?

Se continuiamo ad aspettarci delle cose che puntualmente non si verificano viviamo nella costante illusione che succederà qualcosa che potrebbe non succedere mai e la cui realizzazione, in ogni caso, non dipende da quello che ci aspettiamo. Le aspettative, quindi, possono trasformarsi in illusioni, senza fondamento di realtà ed è possibile continuare a vivere nell’illusione per molto tempo o addirittura per sempre. A volte, invece, dopo un periodo di illusione, ci si rende conto dell’irrealizzabilità delle proprie aspettative. In questi casi dall’illusione si può passare alla delusione e alla depressione, soprattutto quando le aspettative disilluse riguardano ambiti fondamentali per la persona.

Imparando a modificare le proprie aspettative alla luce dei dati di realtà, invece, è possibile ottenere delle condizioni di vita più soddisfacenti e più congruenti con i propri desideri. Capendo quello che ci si può davvero aspettare si possono fare delle scelte, ci si può impegnare per dirigere le proprie energie e d il proprio entusiasmo verso altre persone o altri settori –ad esempio lavorativi-, si può comprendere quello che bisogna affrontare e prepararsi al meglio.

Dott.ssa Erica Tinelli

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RICONOSCERE E GESTIRE LE ASPETTATIVE IRREALISTICHE

ALIMENTAZIONE: 3 PRINCIPI PSICOLOGICI DA TENERE A MENTE

Tutti sappiamo che il comportamento alimentare non dipende esclusivamente dalle necessità nutrizionali dell’organismo, ma è influenzato anche da altre variabili di natura psicologica e sociale. Per potersi mantenere in forma, quindi, è necessario anche prestare attenzione a questi aspetti. Ecco 3 importanti principi di psicologia dell’alimentazione da non dimenticare mai.

La restrizione eccessiva è un tentativo di controllo che porta alla perdita di controllo

La maggior parte delle diete si basa sulla riduzione dell’apporto calorico e sull’eliminazione dei cibi eccessivamente calorici e dannosi, come ad esempio i dolci. Vietarsi alcuni cibi, però, di solito porta a percepirli come ancora più desiderabili. Infatti, molto spesso, dopo un periodo nel quale si è sottoposta alla restrizione, la persona cade nell’alimentazione incontrollata, che solitamente ha come protagonisti proprio i cibi vietati ma tanto desiderati.

Qualsiasi dieta efficace, quindi, non deve essere eccessivamente restrittiva e rigida. Ad esempio, chi ama i dolci dovrebbe continuare a concederseli per evitare una perdita di controllo colossale con effetti fisici e psicologi devastanti. E’ preferibile, quindi, seguire un’alimentazione più equilibrata.

Ricercare il piacere nell’alimentazione

Il piacere è fondamentale per l’uomo che, infatti, orienta i suoi comportamenti alla ricerca di questa sensazione che dovrebbe essere sempre tenuta in considerazione, anche in riferimento al contesto alimentare. È importante ricercare il piacere non soltanto evitando di vietarsi cibi piacevoli, ma facendo ulteriori passi. Per recuperare un rapporto equilibrato con il cibo la persona dovrebbe evitare di mangiare quello che capita o quello che è più veloce da preparare, ma pensare ai cibi più desiderati ed organizzarsi per prepararli nel modo che preferisce.

La ricerca del piacere, poi, non dovrebbe riguardare solo i cibi, ma anche la cura di tutta una serie di aspetti più di contorno, come ad esempio il modo di disporre il cibo nel piatto, il modo di apparecchiare, il mangiare lentamente, la scelta dei luoghi e della compagnia.

Evitare l’uso del cibo come consolazione

Alcune persone non mangiano solo per fame e per piacere, ma anche per trovare una compensazione ai fastidi e allo stress della vita quotidiana. In questi casi il cibo diventa uno sfogo, un modo per cercare di sedare i dispiaceri, le preoccupazioni, le emozioni particolarmente intense. In tali situazioni il rapporto con il cibo può diventare disfunzionale. Diventa fondamentale, quindi, interrompere questo circolo vizioso e lavorare sull’apprendimento di abilità legate alla gestione dello stress e della frustrazione.

Dott.ssa Erica Tinelli

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Bibliografia

Nardone G. (2007). La dieta paradossale. Ponte alle Grazie, Milano.

IL COPIONE DELLA “PENELOPE” OVVERO LA DONNA IN COSTANTE ATTESA DEL PARTNER

Nel libro “Gli errori delle donne (in amore)” Giorgio Nardone descrive numerosi “copioni relazionali” utilizzati dalle donne in amore. Tra questi troviamo il copione della Penelope, che è molto diffuso.

Chi è Penelope?

Nella mitologia è la regina che attende per tantissimi anni il ritorno a casa del marito Ulisse. Probabilmente è conosciuta da tutti per la famosa “tela di Penelope” che faceva di giorno e disfaceva di notte perché una volta terminata avrebbe dovuto sposare un altro uomo, cosa che cercava di evitare ad ogni costo.

In amore, quindi, Penelope è colei che resta in attesa dell’uomo che ama, con il quale ha spesso una relazione che, però, non vive pienamente. Oggi molto spesso il ruolo di Penelope è ricoperto dall’amante che aspetta che l’uomo lasci sua moglie per poter coronare il proprio sogno. L’attesa in genere non è connotata da rabbia o rancore, ma da un atteggiamento di disponibilità e di comprensione. La convinzione è che prima o poi quello che desidera accadrà. 

Perché l’attesa rischia di diventare eterna?

Nella maggioranza dei casi ciò che Penelope desidera non si realizza.

Penelope, infatti, di solito tende a giustificare l’attesa che l’uomo le impone perché “ora non è il momento”, “ora mia moglie sta attraversando un periodo difficile, non posso farle questo”, “ora il bambino è troppo piccolo e soffrirebbe”, “ora devo sistemare alcune questioni organizzative”, “ora non posso permettermelo economicamente”, ma purtroppo la lista delle possibili motivazioni per rimandare può essere davvero infinita.

Penelope può essere anche estremamente intelligente, ma è invischiata in un problema che non le permette di vedere che è proprio la sua accettazione della situazione che mantiene in essere il rapporto a tre, anzi lo rafforza. Il rapporto che l’uomo vive con Penelope permette di compensare tutte le mancanze del rapporto con la moglie e proprio per questo permette di vivere più felicemente la vita matrimoniale. L’uomo prende il meglio da entrambe le relazioni, perché dovrebbe rinunciare ad una delle due?

Gli altri rischi che può correre Penelope

Nell’attesa dell’uomo tanto desiderato, Penelope corre il rischio di isolarsi dagli altri. Certamente non ha un atteggiamento di apertura nei confronti di possibili frequentazioni maschili e proprio per questo si priva della possibilità di costruirsi, o anche solo di prendere in considerazione, delle alternative. A volte, poi, Penelope tende ad isolarsi anche dalle amiche o dalla famiglia nei casi in cui le sembra che gli altri non capiscano la sua situazione e tendono a spronarla ad interrompere il rapporto.

Inoltre, Penelope può mettere in stand-by la propria vita e rinunciare ad opportunità di carriera, hobby, interessi se questi tolgono tempo ai momenti che può trascorrere con l’amato che ovviamente sono limitati e che, generalmente, vengono organizzati tenendo in considerazione principalmente le necessità di lui.

Come finisce la storia di Penelope?

Ci sono tante possibili evoluzioni, ma molto raramente c’è un lieto fine.

Penelope può rimanere in una condizione di attesa per anni e anni, a volte per decenni.

In alcuni casi continua a nutrire l’illusione per sempre.

Altre volte ad un certo punto si rende conto che l’attesa è inutile, ma può comunque non riuscire a lasciare il “suo” uomo. In genere prova anche risentimento perché si rende conto di aver sprecato una parte importante della propria vita e delle proprie possibilità.

Ci sono delle volte, poi, in cui Penelope è costretta a subire l’interruzione della relazione perché l’uomo sceglie di restare esclusivamente con la moglie o perché sceglie di lasciare entrambe, magari per buttarsi tra le braccia di una terza donna.

Dott.ssa Erica Tinelli

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Bibliografia

Nardone G. (2010). Gli errori delle donne (in amore). Ponte alle Grazie, Milano.

L’ESPERIENZA EMOZIONALE CORRETTIVA

Che cos’è l’esperienza emozionale correttiva?

E’ un’esperienza che produce un cambiamento nel modo in cui la persona percepisce la realtà e nel modo in cui reagisce. Si tratta di situazioni concrete nelle quali la persona sperimenta direttamente delle sensazioni differenti da quelle normalmente provate in situazioni simili. Ad esempio, per una persona che solitamente viene rifiutata dagli altri, il fatto di essere trattata con gentilezza e disponibilità da qualcuno può essere un’esperienza emozionale correttiva.

L’esperienza emozionale correttiva è importante perché permette di produrre dei cambiamenti rapidi ed efficaci nelle percezioni, nelle emozioni e nei comportamenti.

Come si può verificare?

Può verificarsi nella vita quotidiana a seguito di eventi imprevisti.

L’esperienza emozionale correttiva, inoltre, può essere prodotta in terapia. L’approccio breve strategico ha come obiettivo proprio quello di produrre delle esperienze emozionali correttive che generano dei cambiamenti nelle esperienze delle persone. Tali cambiamenti concreti, successivamente produrranno delle modifiche anche a livello cognitivo. Come evidenziato dalla letteratura scientifica, infatti, il cambiamento si verifica prima in modo incosciente –sotto la spinta di dinamiche emotive- e in secondo momento a livello cognitivo. La persona, quindi, prima scopre, sperimenta, percepisce, sente; solo più tardi capisce.

In terapia l’esperienza emozionale correttiva può essere prodotta con il dialogo strategico che produce un cambiamento nelle rigide percezioni patologiche delle persone attraverso l’uso di domande a illusione di alternativa, parafrasi ristrutturanti, l’evocazione di sensazioni, il riassumere per ridefinire anche con metafore e aforismi.

Inoltre, in terapia breve strategica l’esperienza emozionale correttiva può essere prodotta anche con le prescrizioni, cioè indicazioni di compiti che devono essere eseguiti tra una seduta e all’altra. La maggioranza delle prescrizioni, infatti, sono costruite in modo tale da produrre un cambiamento percettivo-emotivo attraverso delle esperienze concrete.

Differentemente da quanto avviene nella quotidianità, le esperienze emozionali correttive prodotte attraverso la terapia non sono casuali, ma pianificate dal terapeuta per produrre l’effetto correttivo desiderato in modo efficace e rapido.  A tal proposito Paul Watzlawick ha parlato di “eventi casuali pianificati” perché sono casuali per il paziente che non ne conosce l’effetto, ma al tempo stesso sono programmati dal terapeuta.

Dott.ssa Erica Tinelli

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erica.tinelli@hotmail.it

Bibliografia

Nardone G., Salvini A. (a cura di) (2013). Dizionario internazionale di psicoterapia. Garzanti, Milano.

Nardone G., Milanese R. (2018). Il cambiamento strategico. Come far cambiare alle persone il loro sentire e il loro agire. Ponte alle Grazie, Milano.