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Erica Tinelli

Psicologa a Roma, Viterbo e Online

L’AUTOSTIMA

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“Non ho autostima”, “Sono poco sicuro/a di me”, “Non credo in me stesso”, “Ho poca autostima e quindi ho difficoltà a…”. Sono frasi che chiunque ha ascoltato almeno una volta e che, spesso, può aver pensato in riferimento a se stesso.

Che cos’è esattamente l’autostima?

È l’atteggiamento che ogni persona ha verso sé stessa in termini di stima del proprio valore complessivo. Le persone con elevata autostima si valutano in termini estremamente positivi perché ritengono di avere delle capacità e delle caratteristiche desiderabili. Viceversa, le persone con poca autostima sono molto insicure, si giudicano negativamente e questo influenza il loro modo di relazionarsi agli altri, le loro scelte, i loro obiettivi e progetti, il loro comportamento generale. L’autostima, infatti, è fondamentale per il proprio benessere e per la propria serenità ed è per questo che le persone con poca autostima aspirano ad incrementarla.

Come si può accrescere la propria autostima?

Quando la bassa autostima è l’unico problema

Esistono coloro che hanno una bassa autostima pur avendo molte capacità, caratteristiche estremamente positive ed una vita soddisfacente. In questi casi è importante diventare consapevoli delle proprie risorse e a valorizzarle nel modo più opportuno perchè la scarsa stima di sè può essere legata a questo aspetto.

A volte è necessario anche contrastare un’eccessiva tendenza al perfezionismo che porta alcune persone a non accettare neanche i più piccoli difetti e a mostrarsi scontente ed insoddisfatte perché non hanno raggiunto l’eccellenza in ogni campo.

Quando ci sono difficoltà oggettive

Nella maggioranza dei casi alla base di una bassa autostima ci sono delle difficoltà oggettive. Ad esempio, se una persona ha molti problemi e non è realizzata nella maggior parte dei contesti -lo studio, il lavoro, le relazioni sociali- o in quelli che considera più importanti, è normale che abbia una bassa autostima. Se si valutasse in termini estremamente positivi, significherebbe che è poco capace di valutare le situazioni e poco critica. Perchè mai una persona con difficoltà in varie sfere della propria vita dovrebbe avere stima di sé? In questi casi, contrariamente a quello che comunemente si pensa, di solito la scarsa autostima non è la causa di queste difficoltà, ma la conseguenza.

In questi casi, prima di tutto, la persona deve diventare consapevole dei propri limiti per evitare di attribuire all’esterno la responsabilità della propria infelicità -“gli altri non mi accettano”, “il lavoro va male perché il capo ce l’ha con me”, ecc…-. Questo innesca la motivazione al cambiamento. Successivamente, ci si concentrerà sullo sviluppo di abilità che necessarie per raggiungere obiettivi significativi che, a loro volta, faranno sentire la persona soddisfatta di sé. Non è un processo necessariamente lungo, ma sicuramente richiede la capacità di mettersi in discussione e di impegnarsi per superare le proprie difficoltà.

D’altra parte, “l’autostima si costruisce, non si eredita” G. Nardone

Dott.ssa Erica Tinelli

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erica.tinelli@hotmail.it

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LAMENTARSI TROPPO FA MALE

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A chi non è mai capitato nella vita di lamentarsi?

I motivi per i quali ci si lamenta possono essere i più disparati. Possono esserci problemi a lavoro, con il partner, con la famiglia, con gli amici, difficoltà a portare avanti un progetto o un’attività, difficoltà economiche, conflitti, imprevisti o anche semplicemente giornate storte.

Anche le modalità con le quali ci si lamenta possono essere diverse. Ad esempio, c’è chi si lamenta con chiunque e chi soltanto con alcune persone. C’è chi assume un atteggiamento più triste e passivo e chi è più rabbioso. E così via.

Ma, al di là, di queste differenze, tutti, chi più e chi meno, tendono a lamentarsi almeno qualche volta.

La lamentela è molto diffusa perchè ha una funzione molto importante: consente alle persone di esprimere il proprio disagio e di sfogarsi.

Quando lamentarsi diventa inutile e problematico?

Si viene a creare una condizione di malessere quando la lamentela diventa eccessivamente frequente o intensa perché perde la sua funzionalità legata allo sfogo momentaneo.

Innanzitutto lamentarsi troppo può richiedere anche molto tempo ed energie che vengono sottratte ad altre attività che possono essere più piacevoli e più costruttive.

Inoltre, può incrementare la rabbia o la tristezza perché porta la persona a focalizzarsi sulle cose che non vanno come vorrebbe e che provocano malessere. Tutto questo, a lungo andare, può portare ad un vero e proprio blocco caratterizzato dalla passività e dall’inazione. In altre parole, ci si concentra così tanto sulle cose negative che si perdono di vista gli aspetti positivi della propria vita e della propria quotidianità e anche tutto ciò che la persona potrebbe fare per cercare di superare o di gestire al meglio le avversità.

La lamentela può avere un effetto negativo anche sulle relazioni sociali perché solitamente chiunque si stanca di avere a che fare con persone che mostrano un atteggiamento eccessivamente negativo e di autocommiserazione. Va bene parlare delle proprie difficoltà e delle proprie sventure, va bene confrontarsi con gli altri e richiederne il sostegno, ma in modo costruttivo. In caso contrario si corre il rischio di apparire come la vittima designata del destino che deve essere compatita e che non considera per niente i problemi degli altri.

Superare la tendenza alla lamentela

Lamentarsi troppo, insomma, fa male, sotto vari punti di vista. Per questo dobbiamo cercare di contrastare questa tendenza o quanto meno provare a renderla circoscritta per evitare che diventi troppo frequente ed intensa e, quindi, dannosa.

Questo non significa che tutti noi non abbiamo motivi di cui lamentarci, ce ne possono essere un’infinità, ma la lamentela continua non è un modo efficace per affrontarli.

Quello che dobbiamo fare, allora, è chiederci quali piccole azioni possiamo mettere in atto per cercare di superare i problemi che si presentano o comunque per migliorare la nostra vita e vivere al meglio le situazioni difficili. Abbiamo la capacità di esercitare un ruolo attivo sull’ambiente e di produrre dei cambiamenti in circostanze avverse, non dobbiamo per forza adattarci a ciò che non ci piace.

“Piuttosto che imprecare contro l’oscurità è meglio accendere una candela” Kenneth Blanchard.

Dott.ssa Erica Tinelli

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DEDICHIAMO 1/3 DELLA VITA A DORMIRE: FACCIAMOLO BENE

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Dedichiamo buona parte del nostro tempo a dormire. Ecco perchè è un’attività così importante ed ecco come può essere gestita al meglio. 

A che serve dormire?

Nell’uomo esistono dei cicli collegati al ritmo terrestre delle 24 ore che regola tutta la vita in relazione all’alternanza tra il giorno e la notte.

È su questi cicli che si basa il sonno, governato da un orologio interno che ci fa addormentare e svegliare. Tutti noi, quindi, dedichiamo al sonno una parte della nostra vita che è di fondamentale importanza per il recupero delle energie, per essere efficienti e per preservare una buona salute.  Infatti, un sonno non ristoratore può influenzare il metabolismo, il sistema cardiovascolare, il funzionamento cognitivo, l’umore.

Come possiamo dormire bene?

In virtù dell’importanza del riposo, affinchè questo possa essere ottimale è molto importante prestare attenzione alle regole relative ad una corretta igiene del sonno. Possiamo riassumere in questo modo le principali norme da osservare:

  • allestire adeguatamente la stanza nella quale si dorme. Questa deve essere sufficiente buia, silenziosa e con una temperatura adeguata. È preferibile, inoltre, che non siano presenti televisioni, computer o altri strumenti di lavoro o di divertimento per evitare che si instauri un’associazione tra la camera da letto ed attività che creano attivazione e che non sono propedeutiche al sonno.
  • attenzione a cosa si fa nelle ore serali prima di dormire: evitare la caffeina, le bevande alcoliche, il tabacco ed i pasti abbondanti.  Evitare le attività troppo intense, sia a livello fisico che mentale -come studiare, usare il computer o i videogiochi- e i sonnellini -sono ammessi solo dopo pranzo-. Il bagno dovrebbe essere fatto almeno una o due ore prima di andare a dormire.
  • essere regolari e cercare di coricarsi e di svegliarsi più o meno sempre alla stessa ora, anche nei week-end.
  • assecondare il proprio “metabolismo del sonno”. Ognuno di noi ha una propria tendenza naturale al sonno, sia per quello che riguarda gli orari, sia per quello che riguarda la quantità di ore di sonno necessarie per sentirsi veramente riposati. Questa tendenza andrebbe rispettata il più possibile.
  • tenere a mente che l’idea secondo la quale le persone produttive e di successo devono dormire poco è del tutto infondata. Infatti, la qualità e la quantità del sonno sono fondamentali per essere efficienti durante la giornata. Dormire di meno di quello che ci servirebbe pensando, così, di avere più tempo per fare altre cose, in realtà è una trappola che ci porta ad essere meno produttivi.

E se dormo poco e/o male a causa di problemi psicologici?

Bisogna considerare anche il fatto che molto spesso le difficoltà nel sonno rappresentano un sintomo di problematiche di tipo psicologico ben più ampie e generali -come disturbi d’ansia o depressivi-.

In questi casi, seguire le norme descritte precedentemente non è sufficiente perchè occorre agire sul nucleo centrale del problema. Risolvendo i problemi psicologici verranno eliminati anche i disturbi del sonno, che rappresentano una conseguenza del proprio stato di sofferenza.

Dott.ssa Erica Tinelli

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ATTIVITA’ FISICA E BENESSERE

Bibliografia e sitografia

Angela P. (1994). I misteri del sonno. Nuove scoperte sul versante notturno della nostra vita. Mondadori, Segrate (Mi).

http://www.sonnomed.it/5768-2/ (sito dell’Associazione Italiana di Medicina del Sonno

CONOSCERE E COMBATTERE LO STRESS

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Cos’è lo stress?

Lo stress è la reazione di disagio nei confronti di particolari eventi o stimoli (“stressor”) che vengono percepiti come difficili da gestire e, quindi, potenzialmente capaci di generare preoccupazione e malessere.

Gli stressor possono essere rappresentati da eventi eccezionali e di notevole portata, come ad esempio i licenziamenti, i trasferimenti, ma anche da situazioni più frequenti e quotidiane, come i conflitti o i litigi, gli imprevisti, le difficoltà lavorative o di studio, l’eccessivo carico di cose da fare.

Inoltre, gli stressor non sono sempre degli eventi negativi, ma piuttosto situazioni che producono dei cambiamenti più o meno grandi. Gli imprevisti, ad esempio, possono causare stress anche quando sono positivi o neutri, perché richiedono comunque la capacità di riorganizzarsi in modo diverso da quanto pianificato. Un esempio classico è la nascita di un figlio, evento che in genere è vissuto con grande gioia, ma che può essere stressante a causa del fatto che produce grandi cambiamenti nella vita dei genitori.

Lo stress, quindi, è un fenomeno che può riguardare la vita di ognuno di noi. A chiunque è capitato, almeno qualche volta, di sentirsi stressato. Tutti noi sappiamo anche che lo stato di stress, se è troppo intenso e prolungato, può avere effetti negativi sulla salute, sia a livello fisico -problemi circolatori, cardiaci, inibizione del sistema immunitario-, sia a livello psicologico -disturbi d’ansia e dell’umore-.

Come è possibile prevenire e gestire lo stress?

Prima di tutto, ogni persona deve diventare consapevole delle situazioni che per lei possono essere più stressanti per prepararsi a gestirle al meglio. Lo stress, infatti, è un fenomeno che è, almeno in parte, soggettivo perché è legato a delle percezioni, cioè interpretazioni che possono essere diverse da persona a persona. Lo stress emerge quando si percepisce uno squilibrio tra le richieste esterne e le risorse possedute, quindi non è la situazione in sè che genera stress, ma il modo in cui viene valutata. Ne consegue che una stessa identica situazione può essere considerata stressante da alcune persone e non da altre. Ad esempio, un cambiamento di mansioni in ambito lavorativo potrebbe essere vissuto da alcune persone come una sfida stimolante e un’occasione di crescita; altre persone, invece, potrebbero viverlo come una minaccia al proprio benessere.

Per prevenire e gestire lo stress è importante anche:

  • imparare a definire obiettivi realistici
  • stabilire delle priorità e gestire in modo efficace il tempo
  • pianificare le giornate prevedendo almeno un piccolo spazio di tempo dedicato allo svago
  • essere consapevoli delle risorse che si hanno a disposizione per fronteggiare gli eventi stressanti
  • acquisire competenze che possono essere utili per affrontare determinate situazioni (ad esempio se una persona considera stressante la gestione dei rapporti, può sviluppare capacità relazionali, comunicative, di gestione dei conflitti e di gestione delle emozioni)
  • quando è necessario, chiedere aiuto, non solo a familiari ed amici, ma anche a dei professionisti

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Bibliografia

Giannini, A.M., (2008), “Stile di vita, stress e salute”, in N. R. Carlson, Heth C.D., Miller H., Donahoe J. W., Buskist W., Martin G. N., Psicologia. La scienza del comportamento. Piccin, Padova.

UMORISMO E SALUTE

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L’umorismo fa bene alla salute?

Il famoso caso di Norman Cousins sembrerebbe suggerire di sì.

Norman Cousins era uno scrittore al quale negli anni ’60 venne diagnosticata una grave malattia dei tessuti connettivi. Secondo i medici gli rimanevano pochi mesi di vita. Invece che rassegnarsi a questo triste destino, Cousins cominciò a studiare vari volumi di medicina e, sulla base delle conoscenze acquisite, portò avanti una cura di somministrazione massiccia di vitamina C e una “cura del riso” quotidiana, che prevedeva il ridere più possibile, anche guardando film comici e filmati di candid camer. In questo modo riuscì a diminuire i dolori lancinanti che lo affliggevano e a guarire completamente.

Secondo vari medici questo risultato eccezionale non è stato determinato solo dalla cura del riso, ma anche da altri fattori, come ad esempio l’estrema fiducia di Counsins nell’autoguarigione, l’assenza di panico verso la malattia, il sentirsi responsabile della terapia, che non venne delegata solo ai medici.

Fino a che punto l’umorismo fa bene alla salute?

Attenzione, però. La storia di Norman Cousins di certo non consente di affermare che è possibile guarire da malattie gravissime attraverso l’umorismo, ma piuttosto che l’umorismo esercita un effetto benefico sulla salute delle persone, come mostrato anche successivamente da altri studiosi. Ad esempio, Martin evidenzia che l’umorismo è associato alla tolleranza al dolore, all’attivazione di alcune componenti del sistema immunitario, alla riduzione dei sintomi di malattia. L’umorismo, inoltre, è un valido alleato contro lo stress, forse perché porta le persone a valutare più positivamente le varie situazioni, concentrandosi anche sugli aspetti più divertenti e comici.

Infine, l’umorismo rende più attraenti agli occhi degli altri e può essere utilizzato anche per ridurre conflitti e tensioni, facilitando lo sviluppo ed il mantenimento delle relazioni sociali e del supporto che da esse ne deriva.

Il valore terapeutico dell’umorismo è stato evidenziato anche in situazioni di vita tragiche. Ad esempio, secondo lo psicologo Viktor Frankl, che durante la seconda guerra mondiale è stato internato nei campi di concentramento, a volte in tale contesto l’umorismo sembrava avere la funzione di creare un distacco dalla situazione ed elevare gli uomini al di sopra della loro condizione.

L’umorismo in terapia

L’effetto benefico dell’umorismo sulla salute può sfruttato anche nella  terapia psicologica. In quest’ambito l’umorismo può essere usato per esagerare alcuni punti di vista al fine per evidenziarne i limiti.

Può permettere di presentare delle osservazioni che riguardano questioni delicate con un atteggiamento volto a sdrammatizzare.

Si tratta, però, di uno strumento molto delicato che deve essere usato nel modo giusto e nel momento giusto.  In caso contrario, rischia di apparire come un’offesa.

“L’efficacia terapeutica del motto di spirito supera spesso di gran lunga quella di certe serissime interpretazioni psichiatriche (P. Watzlawick, “Il linguaggio del cambiamento”).

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Bibliografia

Dionigi A., Gremigni P. (2010). Psicologia dell’umorismo. Carocci, Roma.

Frankl V. E. (2009). Uno psicologo nei lager. Ares, Milano.

Martin R. A., Lefcourt H. M. (1983). Sense of humor as a moderator of the relation between stressors and moods. Journal Of Personality And Social Psychology, 45(6), 1313-1324.

Martin R. A. (2001). Humor, laughter, and physical health: Methodological issues and research findings. Psychological Bulletin, 127(4), 504-519.