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Erica Tinelli

Psicologa a Roma, Viterbo e Online

LE ALLUCINAZIONI

Cosa sono le allucinazioni?

Le allucinazioni si manifestano quando la persona percepisce qualcosa che, in realtà, non esiste. Ad esempio, vede delle cose che non sono presenti oppure sente voci anche se nessuno sta parlando. Sono definite anche delle “percezioni senza oggetto” proprio perché avvengono in assenza di elementi sensoriali che possano giustificare la percezione.

Le allucinazioni possono riguardare qualsiasi modalità sensoriale. Probabilmente le allucinazioni visive ed uditive sono quelle più conosciute, ma esistono anche le allucinazioni somatiche, quelle gustative e quelle olfattive.

Altri fenomeni apparentemente simili

Le allucinazioni, a volte, vengono confuse con altri fenomeni, come le pseudoallucinazioni, le illusioni, le immagini ipnagogiche ed ipnopompiche.

Le pseudoallucinazioni sono delle false percezioni delle quali, però, la persona è consapevole. Diversamente da quanto avviene nell’allucinazione, quindi, quando una persona sperimenta una pseudoalluzinazione sa che quello che percepisce non è reale.

Le illusioni, invece, sono delle interpretazioni errate di elementi sensoriali reali. Immaginate di svegliarvi di notte, di girare la testa e di vedere quella che vi sembra la sagoma di una persona, ma in realtà si tratta della sedia della scrivania: questa è un’illusione. Qualcosa effettivamente c’è, ma non è una persona.

Le immagini ipnagogiche ed ipnopompiche, infine, sono delle false percezioni che si presentano in specifici momenti e cioè in fase di addormentamento o di risveglio.

Saper differenziare questi fenomeni è importante perché le allucinazioni sono indicatore di patologia o di qualche grave alterazione. Al contrario, invece, le illusioni, le immagini ipnagogiche e ipnopompiche sono dei fenomeni perfettamente normali. Le pseudoallucinazioni rappresentano un po’ una via di mezzo perchè non sono necessariamente connesse a qualche patologia.

Il legame tra le allucinazioni e la malattia mentale

Le allucinazioni, soprattutto uditive, possono essere presenti in alcuni gravi disturbi mentali, come ad esempio la schizofrenia e gli altri disturbi psicotici. Si tratta di malattie nelle quali è compromesso l’esame di realtà che la persona è in grado di fare. In questi casi di solito le allucinazioni si accompagnano ad altri sintomi, come i deliri, un modo di pensare e di parlare disorganizzato, l’appiattimento affettivo, il ritiro sociale, il venir meno delle attività finalizzate a raggiungere obiettivi.

Le allucinazioni, però, non sono necessariamente un fenomeno connesso alla psicopatologia. Possono essere presenti, infatti, anche in alcune problematiche di tipo organico, nelle demenze, nel caso di assunzione di alcune droghe. Di volta in volta, quindi, è importante analizzare il caso per capire in quale situazione ci si trova.

Dott.ssa Erica Tinelli

3884462095

erica.tinelli@hotmail.it

Per approfondire

Sims A., Oyebode F. (2009). Introduzione alla psicopatologia descrittiva. Raffaello Cortina Editore, Milano.

PROBLEMI ALIMENTARI … NON IMMEDITAMENTE EVIDENTI!

Chiunque conosce, seppur in modo generico, i problemi alimentari. C’è chi li ha vissuti in prima persona, chi ha un familiare oppure un amico che ne sofferto che ne ha sofferto. C’è anche chi ne ha solo sentito parlare, ma comunque sa che esistono.

Ma cosa ti viene in mente esattamente quando pensi ai problemi alimentari? 

Probabilmente la maggior parte delle persone pensa a chi mangia pochissimo oppure a chi, invece, fa delle grandi abbuffate. A qualcuno potrebbe venire in mente anche l’alternanza tra periodi di abbuffate e periodi di grandi restrizioni o addirittura di digiuni.

Queste problematiche, poi, possono essere accompagnate anche dall’uso di lassativi, dal vomito indotto, dall’esercizio fisico eccessivo per recuperare eccessi reali o presunti.

Tutti i problemi alimentari possono avere una grande influenza sulla forma fisica provocando, ad esempio, l’eccessiva magrezza oppure il sovrappeso.

I problemi alimentari accennati, però, rappresentano solo alcune delle difficoltà che le persone possono avere con il cibo. Probabilmente si tratta dei problemi più gravi e forse anche dei più diffusi, ma sicuramente non sono gli unici.

Problemi meno evidenti

Esistono, infatti, tante altre situazioni nelle quali le persone hanno un rapporto poco equilibrato con il cibo, anche in assenza di veri e propri disturbi.

È il caso, ad esempio, di chi ha una buona forma fisica e non attua comportamenti distruttivi (come il vomito autoindotto o le abbuffate), ma comunque presenta comportamenti troppo rigidi ed inflessibili nei confronti del cibo. Alcune persone sentono l’esigenza di pianificare nei minimi dettagli ed in modo ossessivo ogni pasto, sperimentando grandi sensi di colpa al minimo sgarro.

Altre persone si vietano sistematicamente dei cibi pensando, senza alcun valido fondamento, che siano nocivi sempre e comunque. Proprio a causa di questo divieto sistematico a volte potrebbero non resistere alla tentazione di mangiarli, magari anche in quantità superiore a quella che avrebbero mangiato se avessero inserito questi alimenti nel regime alimentare quotidiano.

Da non dimenticare, poi, chi usa il cibo come forma di sfogo e di compensazione dai vari dispiaceri e fastidi.

Questi sono solo alcuni dei tanti esempi di situazioni nelle quali le persone non vivono piacevolmente ed in modo funzionale il rapporto con il cibo.

In alcuni casi questi comportamenti potrebbero rappresentare l’inizio di un problema alimentare che, con il tempo, si strutturerà in un disturbo sempre più grave e complesso.

In altri casi, invece, possono essere dei residui di un precedente problema alimentare non completamente risolto.

Infine, a volte, questi modi di fare possono rimanere stabili nel tempo e non sfociare in problemi più seri. In questi casi rappresentano comunque una notevole limitazione perchè impediscono alla persona di avere un rapporto sereno con il cibo.

Dott.ssa Erica Tinelli

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LA BALBUZIE

Come si manifesta la balbuzie?

La balbuzie è un disturbo che si manifesta con l’alterazione della fluenza del linguaggio parlato. La balbuzie può manifestarsi con la ripetizione di sillabe o di parole, con il blocco nella pronuncia, con il prolungamento dei suoni, con il pronunciare le parole con un’eccessiva tensione fisica, con l’evitare parole considerate particolarmente difficili e sostituendole con altre.

La persona, quindi, si trova nella fastidiosa condizione di non riuscire ad esprimere facilmente ciò che vorrebbe.

Questa difficoltà del linguaggio, dal momento che può interferire con numerose attività quotidiane, può avere anche un impatto sull’autostima e sulle relazioni sociali. Molto spesso, quindi, alla balbuzie conseguono anche altre problematiche che possono intaccare il benessere.

Il ruolo dell’ansia e del disfunzionale tentativo di controllo

Nella manifestazione della balbuzie un ruolo molto importante è giocato dall’ansia. Il problema, infatti, è presente o è più accentuato quando la persona percepisce una certa pressione, ad esempio perché deve rispondere a delle domande. In tali circostanze, di solito, la persona pensa di doversi esprimere con rapidità. Questo timore la porta a sperimentare ansia e a cercare di controllare ancora di più l’eloquio per renderlo più appropriato possibile. Nel tentativo di controllare, accade spesso che si produce l’effetto paradossale della perdita di controllo. Così la balbuzie non solo non migliora, ma addirittura peggiora.

L’importanza dell’ansia e del tentativo inefficace di controllo quali meccanismi di mantenimento del problema sè confermata dal fatto che in situazioni in cui tali elementi sono assenti anche la balbuzie è spesso assente oppure è molto più lieve. Questo può accadere, ad esempio, quando la persona parla con animali o con oggetti, quando legge ad alta voce, quando canta.

Nel trattamento della balbuzie, quindi, è importante guidare la persona a gestire in modo efficace le situazioni ansiogene e ad interrompere il tentativo di controllo disfunzionale.

Dott.ssa Erica Tinelli

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L’AGORAFOBIA

Che cos’è l’agorafobia?

L’agorafobia è un disturbo caratterizzato da ansia che si manifesta quando la persona deve affrontare delle situazioni nelle quali, in caso di malessere, potrebbe avere difficoltà a fuggire o ad essere aiutata. Le circostanze temute, quindi, sono quelle che implicano lo stare da soli o l’allontanarsi da luoghi familiari e percepiti come sicuri. L’agorafobico può avere paura, ad esempio, di prendere i mezzi pubblici, di stare in luoghi chiusi –soprattutto se le vie di fuga sono difficili da raggiungere-, di stare in mezzo a tante persone, in fila, di allontanarsi da casa. In alcuni casi l’ansia può raggiungere livelli così elevati da sfociare in attacchi di panico. Anche l’anticipazione mentale del dover affrontare tali situazioni può provocare ansia e malessere.

Le conseguenze del disturbo

Chi soffre di agorafobia ha una vita che può essere anche piuttosto limitata a causa della difficoltà ad affrontare numerose situazioni.

Nei casi più gravi le persone possono arrivare a non essere più in grado di uscire di casa da sole neanche per soddisfare le esigenze di base -ad esempio fare la spesa-. Si rischia, quindi, di diventare completamente dipendenti dagli altri. C’è chi, ad esempio, non si sente mai al sicuro quando è solo, neanche a casa propria.

Le tentate soluzioni dell’agorafobia

Secondo la terapia breve strategica ogni problema si struttura e si mantiene a causa di tentate soluzioni disfunzionali, ossia comportamenti inefficaci attuati per provare a superare le difficoltà.

Le tentate soluzioni tipiche dell’agorafobia sono:

  • l’evitamento delle situazioni temute
  • il parlare delle proprie paure e preoccupazioni
  • il cercare costantemente l’aiuto degli altri, chiedendo, ad esempio, di essere accompagnati e rassicurati
  • il tentativo di controllo di pensieri e sensazioni psicofisiologiche ansiogeni. Ad esempio, la persona può cercare di controllare la respirazione o il battito cardiaco, può provare a convincersi che non c’è motivo di preoccuparsi o può tentare di distrarsi pensando ad altro.

In ogni persona queste tentate soluzioni si possono manifestare con modalità diverse. Inoltre, otre a quelli indicati, che sono i più diffusi, possono essere presenti anche altri comportamenti disfunzionali.

La terapia breve strategica per il trattamento dell’agorafobia

Il primo passo della terapia è quello di analizzare dettagliatamente le tentate soluzioni disfunzionali per comprendere la situazione e per far sentire alla persona che quello che fa è inefficace e dannoso.

L’obiettivo della terapia, quindi, è la graduale interruzione delle tentate soluzioni disfunzionali attraverso l’utilizzo di specifiche tecniche. La persona sperimenterà che, come scrivevano gli antichi sumeri, “la paura evitata diventa timor panico, la paura guardata in faccia si trasforma in coraggio”

Dott.ssa Erica Tinelli

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Se ti è piaciuto questo articolo potrebbe interessarti anche:

QUANDO LA PAURA DIVENTA INVALIDANTE: LE FOBIE

Per approfondire

Nardone G. (2000). Oltre i limiti della paura. Superare rapidamente le fobie, le ossessioni e il panico. BUR Biblioteca Univ. Rizzoli, Milano.

Nardone G. (2005). Non c’è notte che non veda il giorno. Tea, Milano.

ANSIA SANA E ANSIA PATOLOGICA

Che cos’è l’ansia?

L’ansia è un’emozione molto diffusa. Emerge in situazioni nelle quali viene percepita una minaccia, sia di tipo fisico che psicologico. Possiamo provare ansia quando ci sentiamo in pericolo fisicamente, come quando si è in presenza di animali o persone potenzialmente aggressive o di pericoli come terremoti. Al tempo stesso possiamo sperimentare ansia anche quando percepiamo dei pericoli per la nostra autostima e per l’immagine positiva che cerchiamo di trasmettere agli altri. Ad esempio, si può provare ansia quando dobbiamo esporci al giudizio degli altri, nei casi in cui dobbiamo parlare in pubblico, fare degli esami, esporre la nostra opinione, ecc…

L’ansia comporta un’attivazione che si esprime con l’aumento del battito cardiaco, della sudorazione, con l’alterazione della respirazione. L’attenzione è tutta rivolta alla ricerca dei segnali di pericolo e delle modalità con le quali questi possono essere gestiti. A livello comportamentale, inoltre, il nostro organismo si prepara a possibili lotte o fughe.

Perché l’ansia è utile?

Solitamente le persone vivono l’ansia con disagio. In realtà, però, è un’emozione che, se si mantiene entro certi livelli, è perfettamente naturale in determinate circostanze perché contribuisce a creare uno stato di attivazione che rende la persona più attenta ed efficace.

La teoria dell’arousal di Yerkes e Dodson afferma che lo stato di attivazione della persona va da un continuum che ha come poli estremi il sonno e l’eccitazione diffusa. A bassi livelli di attivazione ci si distrae piuttosto facilmente, mentre ad elevati livelli di attivazione si è in preda all’ansia. Per questo motivo, in generale, la prestazione ottimale si ottiene quando si ha un livello di attivazione intermedio, cioè né troppo alto, né troppo basso. Questa relazione, poi, è influenzata anche dal livello di difficoltà del compito: quando il compito è più difficile è preferibile avere un livello di attivazione un po’ più basso rispetto a quando il compito è semplice.  Questa teoria è stata confermata da numerose ricerche in vari ambiti, come quello lavorativo e quello scolastico.

È stato dimostrato, quindi, che l’ansia ha una funzione molto importante che riguarda il dirigere le nostre capacità in vista del raggiungimento di un obiettivo. Non è, quindi, qualcosa da combattere e da allontanare, ma un’emozione utile che, se ben gestita, può rappresentare un’importante risorsa.

Quand’è che diventa patologica?

Quando compromette la qualità della nostra vita e diventa invalidante, precisamente:

  • quando si manifesta in molti contesti diversi. In tal caso la persona vive la maggior parte delle situazioni come pericolose ed ansiogene e, quindi, riesce troppo raramente ad essere tranquilla
  • quando raggiunge livelli eccessivamente intensi e crea confusione totale, difficoltà ad elaborare le informazioni, a pensare lucidamente e ad agire. Nei casi più estremi si arriva ad un vero e proprio blocco che impedisce alla persona di affrontare ciò che teme e che, con il passare del tempo, la porta ad evitare tutto quello che le provoca ansia, confermando sempre di più a se stessa la presunta pericolosità della situazione e la propria incapacità nel gestirla. Ad esempio, provare un po’ d’ansia alla guida, soprattutto quando non si ha molta esperienza o quando si percorrono percorsi nuovi, è normale ed utile. L’ansia diventa invalidante quando è così forte che la persona non riesce a indirizzare le sue energie per guidare al meglio o quando è così ansiosa che evita a priori di guidare.

Quando l’ansia diventa patologica l’aiuto di un professionista può consentire di superare il problema e di recuperare il proprio benessere.

Dott.ssa Erica Tinelli

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GESTIRE AL MEGLIO L’ANSIA

Bibliografia

Yerkes R. M. e Dodson J. D. (1908). The relation of strength of stimulus to rapidity of habit‐formation. Journal of comparative neurology18(5), 459-482.