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Erica Tinelli

Psicologa a Roma, Viterbo e Online

IL DISTURBO DA ACCUMULO

Che cos’è il disturbo da accumulo?

Il disturbo da accumulo si caratterizza per la tendenza ad accumulare costantemente gli oggetti che vengono conservati anche se non hanno alcun valore strumentale o affettivo.

Può diventare estremamente invalidante dal momento che la compulsione all’accumulo arriva ad ingombrare le case, i garage, le auto che, in genere, diventano inutilizzabili.

Inoltre, di solito con il tempo il disturbo tende ad aggravarsi perché all’impossibilità a gettare le cose si accompagna la continua acquisizione degli oggetti.

Quali sono le conseguenze del disturbo da accumulo?

Quando è presente questo disturbo, qualsiasi attività, anche la più semplice e quotidiana, può diventare estremamente complicata o, addirittura, impossibile. Pensiamo, ad esempio, a quanto può essere difficile cucinare o sedersi in una cucina colma di oggetti.

La tendenza all’accumulo può compromettere anche le relazioni e provocare scontri e conflitti, ad esempio quando chi vive con l’accumulatore cerca di farlo ragionare o di costringerlo a gettare delle cose.

Quali sono gli oggetti che vengono accumulati?

Gli oggetti che vengono accumulati più spesso sono i giornali, le riviste, i libri, i vestiti, le borse, ma qualsiasi cosa può essere accumulata. Non mancano, ad esempio, casi di accumulo di feci o di animali.

Gli oggetti possono essere acquistati, ma possono essere anche ottenuti gratuitamente -pensiamo, ad esempio, ai volantini o agli oggetti gettati da altri-.

Il trattamento del disturbo da accumulo

Il disturbo da accumulo può essere trattato efficacemente con la psicoterapia.

La psicoterapia breve strategica utilizza specifiche tecniche e stratagemmi per aiutare la persona a gestire e a superare il comportamento di accumulo, che assume i connotati di una vera e propria compulsione. In molti casi, inoltre, oltre che intervenire direttamente sulla persona, può essere necessario coinvolgere nella terapia i familiari al fine di interrompere le tentate soluzioni relazionali disfunzionali.

Dott.ssa Erica Tinelli

3884462095

erica.tinelli@hotmail.it

Per approfondire

Biondi M. (a cura di) (2014). DSM-5. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali.  Raffaello Cortina Editore, Milano.

Nardone G., Portelli C. (2013). Ossessioni compulsioni manie. Capirle e sconfiggerle in tempi brevi. Ponte alle Grazie, Milano.

L’ANGOSCIA

Cos’è l’angoscia?

L’angoscia è uno stato di forte disagio. Deriva da aspettative estremamente negative rispetto al futuro, a quello che potrebbe accadere e all’impossibilità di intervenire per prevenire o per gestire efficacemente quello che succederà.

L’angosciato, quindi, crede di essere condannato a vivere in una situazione di oppressione. Pensa che succederà qualcosa di catastrofico e ritiene di non poter far nulla per impedirlo o per affrontare la situazione al meglio. Si sente impotente nei confronti delle numerose avversità che la vita ha riservato per lui.

L’angoscia si accompagna, spesso, a crisi depressive più o meno forti e frequenti e può essere associata anche a problemi psicosomatici o alterazioni del sonno.

Qual è la differenza con l’ansia?

L’angoscia, spesso, viene confusa con l’ansia, ma in realtà si tratta di due percezioni estremamente diverse che richiedono interventi diversi.

L’ansia, infatti, è uno stato di attivazione mentale e fisico, mentre invece l’angoscia è uno stato di oppressione che blocca la persona o la porta ad essere aggressiva. Entro certo livelli, infatti, l’ansia è utile e funzionale perchè porta la persona ad usare al meglio le sue risorse per affrontare le situazioni difficili. L’angoscia, invece, rappresenta sempre uno stato di disagio che dovrebbe essere affrontato e superato.

L’ansia, inoltre, di solito riguarda specifiche situazioni che hanno a che fare con la paura di affrontare determinate cose –come guidare, prendere l’areo, parlare in pubblico, ecc-. L’angoscia, invece, può essere generalizzata ed indefinita. Può riguardare, infatti, qualsiasi cosa o può essere orientata verso potenziali pericoli difficili da identificare. Può capitare, ad esempio, che la persona provi angoscia, ma che non sia in grado di dire cosa teme esattamente o quali situazioni le provocano il disagio.

Come trattare l’angoscia?

L’angoscia può essere superata con l’aiuto di un professionista.

La terapia breve strategica usa dei protocolli di trattamento per questo problema che prevedono l’utilizzo di indicazioni molto pratiche relative a come affrontare il disagio.

L’obiettivo della terapia è quello di contenere e cambiare le percezioni catastrofiche della persona. Diversamente da quanto può avvenire con una terapia farmacologica, quindi, non si interviene solo sui sintomi, ma si lavora per modificare ciò che è alla base dello stato d’animo disfunzionale e delle relative reazioni.

Dott.ssa Erica Tinelli

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TRAUMA ELABORATO E TRAUMA NON ELABORATO

Cos’è un trauma?

Il trauma è un evento devastante che ha un impatto estremamente negativo sulla salute della persona. L’evento traumatico porta a stabilire una demarcazione netta tra un prima ed un dopo che è difficile da gestire a causa di sintomi intrusivi –come incubi, ricordi persistenti, ecc…- e a causa di sentimenti di tristezza, ansia, disperazione, confusione, rabbia, ecc….

I traumi possono essere di vario tipo. Solo per fare alcuni esempi, tra i più frequenti troviamo gli incidenti stradali, gli abusi sessuali, le catastrofi come i terremoti, le aggressioni. Anche eventi più quotidiani, come la fine di una storia importante o la scoperta di un tradimento, possono essere traumatici.

Qual è la differenza tra trauma elaborato e non elaborato?

Un trauma che è stato elaborato è un evento che la persona ha imparato ad accettare e a gestire, anche se, ovviamente, non è stato dimenticato. È qualcosa che non invade costantemente il presente e che non rappresenta un ostacolo alla realizzazione dei progetti futuri.

Quando non c’è stata un’adeguata elaborazione, invece, il ricordo dell’evento è devastante e può anche rendere difficile lo svolgimento di attività semplici ed ordinarie. Sono presenti forti emozioni negative e la persona non riesce ad andare avanti.

Metaforicamente si potrebbe dire che un trauma elaborato è come una cicatrice. Un trauma non elaborato è come una ferita aperta che sanguina in continuazione.

Il fatto di aver vissuto un evento devastante, quindi, non condanna la persona alla sofferenza eterna. Il dolore, infatti, può essere superato attraverso l’elaborazione del trauma.

Perché solo alcuni traumi vengono elaborati?

L’elaborazione del trauma dipende da una serie di fattori, come ad esempio le abilità di problem-solving e di gestione delle emozioni. Molto importante è la resilienza, che può essere definita come la capacità di affrontare situazioni stressanti o traumatiche.

Un altro elemento che può facilitare un’adeguata elaborazione del trauma è la percezione del supporto sociale che può provenire da familiari, amici, conoscenti o dalla comunità.

L’elaborazione del trauma può avvenire anche con l’aiuto di uno psicologo che guiderà la persona ad usare le strategie più adatte per superare quello che ha vissuto.

Far passare del tempo può essere utile per elaborare il trauma?

Un detto popolare dice che il tempo guarisce tutte le ferite, ma…non sempre è così! Sicuramente è importante essere realistici e non aspettarsi di poter superare un evento traumatico in pochi giorni. Questo, però, non significa che limitarsi a far passare il tempo sarà sicuramente efficace. Infatti, se nel tentativo di elaborare il trauma si usano delle strategie inefficaci, più si lascia passare il tempo e più la situazione peggiora.

Dott.ssa Erica Tinelli

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IL TRATTAMENTO DI UNA FERITA APPARENTEMENTE INCURABILE: IL TRAUMA

STRAPPARSI PELI E CAPELLI: LA TRICOTILLOMANIA

Le caratteristiche della tricotillomania

Chi soffre di tricotillomania si strappa continuamente i capelli, i peli, le ciglia, le sopracciglia. La persona vive con disagio il problema, anche a causa delle conseguenze estetiche che comporta, e per questo cerca, senza riuscirci, di eliminare o di ridurre questo comportamento.

Lo strapparsi i peli e i capelli può subentrare in momenti di ansia o noia e, spesso, produce un senso di gratificazione, di sollievo, di soddisfazione, di piacere. Può essere un comportamento automatico oppure, al contrario, può essere accompagnato da attenzione e da consapevolezza.

La maggioranza delle persone con un disturbo di tricotillomania ha anche altri comportamenti ripetitivi focalizzati sul corpo, come ad esempio lo stuzzicarsi la pelle, il mangiarsi le unghie, il morsicarsi il labbro.

Le conseguenze del disturbo

Strapparsi i peli, i capelli, le ciglia e le sopracciglia può provocare irritazioni e lesioni e, in alcuni casi, si verificano dei danni irreversibili sulla crescita o sulla qualità dei capelli. Tutto questo, in genere, provoca anche una compromissione della vita lavorativa e sociale perché la persona si vergogna per la propria immagine e si isola.

Inoltre, nel caso in cui i peli e i capelli vengono anche ingeriti è possibile che si verifichino una serie di problematiche gastrointestinali come la nausea, il vomito, i dolori addominali, l’ostruzione e la perforazione dell’intestino.

Il trattamento della tricotillomania nella terapia breve strategica

La terapia breve strategica considera la tricotillomania come un particolare tipo di disturbo ossessivo-compulsivo nel quale la compulsione è lo strappamento di peli e di capelli. Inoltre, l’emozione di base provata dalla persona non è la paura, ma il piacere.

Il trattamento della tricotillomania prevede delle prescrizioni ben precise che aiutano la persona a gestire e a superare il suo problema. L’obiettivo è quello di fare in modo che il comportamento problematico venga completamente interrotto, ma usando tecniche e principi non ordinari, che possono apparire bizzarri o assuri. Ad esempio, inizialmente la persona non sarà in grado di interrompere la sua compulsione (d’altra parte è ciò che ha provato già a fare in autonomia), ma potrà essere guidata ad eseguirla con specifiche modalità che le consentiranno di interrompere l’automatismo e di imparare ad assumere, gradualmente, il controllo sulla compulsione. In una fase successiva si arriverà ad estirpare completamente il comportamento problematico.

Dott.ssa Erica Tinelli

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Biondi M. (a cura di) (2014). DSM-5. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali.  Raffaello Cortina Editore, Milano.

Nardone G., Portelli C. (2013). Ossessioni compulsioni manie. Capirle e sconfiggerle in tempi brevi. Ponte alle Grazie, Milano.

IL LUTTO PERINATALE

Che cos’è il lutto perinatale?

Si parla di lutto perinatale quando la morte avviene prima o durante la nascita oppure poco dopo (fino a 7 giorni dopo il parto secondo l’OMS).

Come negli altri lutti, anche in questo caso possono essere sperimentati vissuti di shock, di incredulità, di dolore, di rabbia, di disperazione. A questi si può aggiungere anche la vergogna ed il senso di colpa per il proprio corpo pensato come privo di capacità generative.

Qual è la specificità di questo lutto?

Diversamente da quello che avviene negli altri lutti, nel lutto perinatale la perdita riguarda una persona che non è stato possibile conoscere attivamente e con la quale non è stato possibile condividere attività e costruire ricordi. Nonostante questo, si tratta comunque di una persona con la quale si è creato un forte attaccamento. Era una persona che esisteva nelle proprie fantasie, nei propri desideri, nei propri progetti, nelle conversazioni quotidiane.

Il lutto perinatale, soprattutto quando avviene nelle prime fasi della gravidanza, può essere soggetto ad un pregiudizio culturale. Infatti, a volte capita che i genitori, anche a causa delle osservazioni altrui, non si sentano in diritto di soffrire per qualcuno che spesso non è considerato ancora un bambino. A tal proposito, i genitori a volte non sanno neanche come dovrebbero sentirsi e hanno il dubbio che quello che provano non è normale

L’elaborazione del lutto perinatale

Come per gli altri lutti, anche l’elaborazione del lutto perinatale richiede di attraversare il dolore per superarlo, trasformando una ferita aperta in una cicatrice. Chi ha subito un lutto spesso ha la tendenza a rifuggire il dolore (ad esempio distraendosi e cercando di non pensarci) e, proprio per questo, lo amplifica in quanto inibisce il naturale processo di elaborazione. Il tentativo di voler evitare il dolore può essere particolarmente forte nel caso del lutto perinatale proprio per le specificità descritte prima.

L’elaborazione del lutto richiede anche che i genitori siano adeguatamente informati di quelli che sono i loro diritti e le possibilità che hanno. Ad esempio, non tutti i genitori sanno che, se vogliono, possono stare con il figlio morto per conoscerlo al di fuori della pancia e per costruire dei ricordi. Possono anche svolgere il rito di commiato ed essere informati sulla sepoltura.

Nell’elaborazione del lutto, inoltre, è importante sapere che il processo non sarà necessariamente rapido e che è importante concedersi il tempo necessario. In quest’ottica è opportuno tenere a mente che la ricerca rapida di una nuova gravidanza può essere un tentativo inefficace di affrontare il lutto. Infatti, nessun nuovo figlio può sostituire il figlio perduto ed il vuoto che lui ha lasciato.

Dott.ssa Erica Tinelli

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LA GESTIONE DEL LUTTO

IL LUTTO PATOLOGICO O COMPLICATO

Per approfondire

Ravaldi C., Rizzelli C. (2018). La morte perinatale e il sostegno possibile, Quaderni ACP. https://acp.it/assets/media/Quaderni-acp-2018_254_178-181.pdf

LE OSSESSIONI PIU’ DIFFUSE

Il disturbo ossessivo-compulsivo si caratterizza per la presenza di ossessioni e compulsioni che possono riguardare argomenti molto vari e molto numerosi, potenzialmente infiniti. Ci sono, però, alcune tematiche che si presentano molto più frequentemente rispetto ad altre. Vediamo quali.

Ossessioni relative alla pulizia

Tra le ossessioni più frequenti ci sono quelle che riguardano la pulizia del proprio corpo o quello di altri (come familiari e amici), i vestiti, la casa. Il timore delle persone, in questi casi, è quello di potersi sporcare o contaminare.

In risposta a queste ossessioni, molto spesso vengono messi in atto degli evitamenti (come evitare di uscire, di toccare delle cose, di frequentare certi luoghi o di svolgere determinate attività, di invitare persone a casa) o dei rituali di pulizia che possono essere anche molto lunghi e complessi.

La simmetria e l’ordine

In questo ambito rientrano ossessioni relative al dover disporre gli oggetti in modi ben precisi, rigidi ed inflessibili. Un esempio è rappresentato dalle persone che sono ossessionate dal fatto che gli oggetti devono essere messi in posizioni precise che non possono variare minimamente. Un altro esempio riguarda la disposizione degli oggetti –come vestiti, libri- secondo un ordine specifico basato su vari criteri, come il colore oppure la grandezza.

Le compulsioni, in questi casi, sono orientate a controllare che tutto sia disposto nel “modo giusto” e a ripristinare l’ordine imposto dalle ossessioni nel caso in cui questo sia venuto meno.

Ossessioni “proibite”

Vengono definite così perché si tratta di pensieri che hanno a che fare con azioni o attività considerate tabù e che, spesso, riguardano la sfera sessuale oppure l’aggressività. Sono considerati pensieri malvagi ed insopportabili per il fatto di essere “troppo cattivi”. È il caso, ad esempio, del pensiero di poter far del male ad un proprio caro o di poter esprimere i propri impulsi sessuali in modo inadeguato attraverso stupri o atti di pedofilia.

Tali pensieri sono talmente fastidiosi che di solito le persone cercano compulsivamente di scacciarli oppure di mettere in atto dei rituali comportamentali o mentali per ottenere la serenità.

Pensieri ossessivi relativi al danno

Molte persone sono ossessionate dal timore che possa succedere qualcosa di brutto –come un incidente oppure un’aggressione- che possa provocare un danno a se o ad altri. In alcuni casi la persona teme anche di poter essere lei stessa a provocare il danno a causa di un raptus o di errori. Anche in questo caso le compulsioni possono essere orientate al controllare che non avvenga o che non sia già accaduto ciò che si teme. Non necessariamente, però, esiste un legame logico tra l’ossessione e quello che viene fatto per provare a contrastarla. Ad esempio, per evitare che si verifichino dei danni la persona potrebbe anche mettere in atto dei rituali magico-propiziatori, che possono prevedere la ripetizione di alcune formule mentale o di alcuni comportamenti che razionalmente non hanno niente a che fare con la prevenzione del danno.

 Dott.ssa Erica Tinelli

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Biondi M. (a cura di) (2014). DSM-5. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali.  Raffaello Cortina Editore, Milano.